Vai a pagina       
2
      ...             
  I Forum di Anziani.it  Pagine di Storia  La storia che nessuno conosce
Nuova discussione   Rispondi
assodipicche Oggetto:   24 Ott, 2018 - 13:53  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6124
Attività utente
Attività utente

Ma di che parlate! Anzi di che ...straparlate! Ma quale irrisione! Ma state babbiando?
Cicuta, ci sarebbe irrisione se la lettera l'avessi scritta tu.
La lettera sembra essere invece di un' insegnante, una certa Ermanna Masia, non nuova a questi scoop e che non solo si lascia trascinare dall' enfasi dello scrivere e perde di vista l'inizio con la fine: prima la narratrice sta seduta al banco e poi fa capire che l'episodio le è stato riferito dalla figlia, compresa l'espressione da coatto rivolta da uno studente al "professò", il quale non lo riprende, non sia mai! Ma lei che narra almeno poteva risparmiarcelo, no? Tanto io sono convinto che sia tutta una sua invenzione, parolacce comprese! E quindi delinea (e sottoscrive) il comportamento di professori che avrebbero queste geniali trovate didattiche, ma, permettendo quel tipo di espressioni a scuola, divulgano volgarità di linguaggio e cafonaggine (di cui poi ci lamentiamo, anche qua dentro).
Adesso sapete cosa mi aspetterei? Che quel fantomatico e geniale professò di Geostoria facesse una lezione su come stranieri sbandati e incontrollati stuprano e uccidono una sedicenne in uno stabile fatiscente in piena Roma, vicino all'università La Sapienza! Un grande esempio d'integrazione....criminale!
Ma in conclusione, fatemi capire una cosa: in questo forum si può ancora fare qualche osservazione, oppure si può solo sviolinare e fare i cicisbei (come diceva la buonanima di Vabene)!?
Tanto per sapere!

PS-Anche se è stata cancellata, la lettera comunque l'ho riportata io, perfettamente leggibile, insieme con le mie "irridenti" annotazioni (tremende!!")

Patrizia51 Oggetto:   24 Ott, 2018 - 12:59  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 5176
Attività utente
Attività utente

Ognuno è libero di fare quello che vuole, Cicuta, ma secondo me quello che avevi scritto ci stava proprio tutto e non è giusto lasciar perdere. Troppo spesso accade che alcuni stiano a cercare il dettaglio o l'errore, dall'alto della propria torre d'avorio, pronti a colpire chi si rende "colpevole" magari di piccole inesattezze (anche se il tuo non mi sembrava il caso), perdendo di vista la sostanza delle cose, e purtroppo di questo ne abbiamo esempio tutti i giorni, qui come altrove.
Si chiama "benaltrismo" - dice - ma secondo me è l'arte dello spostare il problema per non affrontarlo....

_________________
Preferisco le eccezioni - Wislawa Szymborska
cicuta Oggetto: bah  23 Ott, 2018 - 18:07  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 2525
Attività utente
Attività utente

cancellato: ho deciso di rispondere all'irrisione con il silenzio!
assodipicche Oggetto: Re: Come spiegare le leggi razziali...  23 Ott, 2018 - 17:03  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6124
Attività utente
Attività utente

cicuta ha scritto:
Così si fa'...come spiegare le leggi razziali ai giovani.
Ero seduta al banco e aspettavo, come tutti gli altri. Le solite chiacchiere, chi parla di ragazzi, chi di musica sempre più assurda, chi dei problemi con i propri genitori, quando ecco che entra il professore. Aveva una faccia diversa dal solito, non riuscivo a capire perché, sembrava felice e preoccupato insieme, nervoso ma deciso. Si siede alla cattedra, strano anche questo, visto che preferisce fare lezione in piedi. "Ragazzi, devo leggervi una circolare, fate silenzio" Non è stata certo la frase, ne ha lette tante altre da quando è iniziato l'anno, ma stavolta tutti hanno capito che c'era qualcosa di diverso.
E avevamo ragione. Si sistema gli occhiali, schiarisce la voce. "Con effetto immediato, da oggi, 16 ottobre 2018, in tutte le scuole italiane..." E si ferma. Lo vediamo nervoso, si passa più volte la mano tra i capelli e sul viso, non capiamo e vogliamo saperne di più: salta il campo scuola? Si è allagata la palestra? Che diamine succede, parli! Lui invece si alza, si poggia contro la scrivania nella sua consueta posizione, butta ancora l'occhio sul foglio da cui stava leggendo e lo posa. Prende aria, e finalmente parla. "Tutti quelli che hanno i genitori stranieri, o anche un solo genitore straniero, alzino la mano".
Ci guardiamo in faccia, le teste si girano velocemente nel cercare impossibili risposte nei visi dei compagni, chiaramente, nessuno sa e nessuno può sapere. "Alzate le mani!" stavolta alza la voce, questo serve allo scopo. 14 braccia alzate. Su 26 persone che compongono la prima E. Mi giro e vedo le mani alzate di Margherita, africana, e Lu, cinese: si guardano intorno senza capire, spaventate ancora no ma certamente intimorite. Nella sorpresa generale c'è in alto anche la mano di Ludovica. "Mamma è moldava..." In classe ci sono solo quattro ragazzi. Uno di loro alza la mano e Sandro, vicino di banco con cui ha una bromance meravigliosa, trattiene il respiro. "Polonia, la mia famiglia viene da lì, sono tanti anni ormai che siamo qui in Italia, io sono nato al San Filippo Neri..."
Quando tutte le mani sono alzate, il professore torna a parlare. "Raccogliete le vostre cose, fate gli zaini e andate al terzo piano, lì troverete la vostra nuova classe, dove resterete per tutta la durata del liceo" Immediatamente ci sono state due reazioni: lacrime e rabbia. La situazione non era chiara ma è come se vedi qualcuno a terra e cinque persone che lo prendono a calci, ti fai un'idea di chi abbia ragione e chi no. Quindi chiediamo spiegazioni, subito, vogliamo capire, dobbiamo capire cosa diamine sta succedendo, la rabbia aumenta per le lacrime dei nostri compagni, sia di chi deve andare via, sia di chi non vuole che l'altro o l'altra se ne vada.
"Silenzio! Fate silenzio! È fatto obbligo per chi non ha alzato la mano di non interferire e ASSOLUTAMENTE - e qui ha alzato la voce, ho sentito il maiuscolo - non devono più esserci contatti di nessun tipo tra voi e LORO, da ora e per tutti i prossimi anni scolastici. Così è stato deciso, avanti, sbrigatevi"
Apriti cielo. La classe si divide tra chi abbraccia e chi resta impietrito, il professore non dice nulla. Io mi alzo e vedo tanti altri che lo fanno, abbiamo la faccia da guerra e, cazzo, tutta l'intenzione di usarla. Facciamo un passo verso di lui, quando il professore alza le mani, sorride e invita alla calma. "Calma ragazzi, calma" La voce è totalmente diversa, il colpo non è passato e tanti ancora piangono ma nella sua voce c'è qualcosa, qualcosa che ci calma. "Sapete che giorno è oggi?" Ci guardiamo attorno, nessuno vuole essere il primo a rispondere banalmente "martedì". "Settantacinque anni fa, a Roma, c'è stato il rastrellamento del ghetto. Voi avete provato solo una minima parte di quello che sentirono centinaia di persone, molte di queste non furono solo trasferite in un altro piano, ma portate nei campi di concentramento e uccise barbaramente" La tensione si allenta, alcuni compagni cadono letteralmente sulla sedia, gli abbracci sono più forti, Mario e Claudio ridono, piangono, si abbracciano, sputano a terra e ruttano, tutto il repertorio maschile, insomma.
"Ecco, voi avete reagito consolando i vostri compagni, chiedendo spiegazioni, stavate venendo qui da me belli carichi. Beh, tutto questo è bellissimo. E siete solo una prima. Ho fatto lo stesso in una quinta poco fa, e lì li ho fatti arrivare fino alla porta prima di fermarli. Due ragazzi hanno alzato la mano anche se prima non lo avevano fatto, mentendo sulla nazionalità dei genitori, la sorella di Franca - indica una ragazza che sta sempre sulle sue e parla pochissimo - mi è letteralmente saltata addosso e ha voluto leggere per filo e per segno la circolare, strappandola. Giorgio, un ragazzo della Sierra Leone stava preparando lo zaino quando si è alzata la sua ragazza e gli ha detto che se andava via lui sarebbe andata via anche lei.
Tutti urlavano e i ragazzi rimasti indifferenti erano una risibile minoranza. Sapete cosa significa questo?" "Che prima o poi se becca du' pizze, professò?", Lucia, come al solito, risponde da par suo. "No. Che siete migliori di come vi raccontano. Che possono avere il consenso delle vecchie generazioni ma non il vostro. Non sapevate che giorno fosse oggi ma ne avevate comunque dentro di voi il significato, avete sentito l'ingiustizia nonostante tutto intorno a voi gridi di allontanare chi è straniero, chi è diverso secondo parametri tutti da stabilire, che l'integrazione è sbagliata. Nessuno di voi ha visto uno straniero: avete visto un amico o un compagno, e questo è bellissimo"
"Significa che c'è speranza, professore" "Esatto, Mauro" "Significa che se la pijano n'der culo e che nessuno ce deve da rompe er cazzo, professò, semo come er cavaliere nero!" "Lucia, anche meno" La lezione è continuata sulle leggi razziali e raccontando l'olocausto, i campi, evocando nomi duri come Auschwitz. È questo è il commento del mio collega ......
Ecco, io vorrei ringraziare il professore di Geostoria di mia figlia. Vorrei ringraziarlo per essere così nonostante le migliaia di difficoltà che incontra, lui e tutti i suoi colleghi, nell'insegnare, nel formare, nel far crescere i nostri ragazzi nonostante tutti i paletti e le difficoltà messi da chi considera i professori un peso, da chi dice che fanno tre mesi di vacanza e lavorano mezza giornata. Lo ringrazio per il suo non arrendersi ed essere riuscito a far sentire la bellezza dell'amore, dell'unità. Questa è la scuola che voglio per mia figlia. Non mense separate, nessun noi contro loro. (Da Ermanna Masia) #MamAfrica Liana





Bella storia!
Se non sbaglio questa è la stessa scrittrice della famosa lettera alla ministra Fedeli. OK
Cicuta, aiutami a capire:
-lei che racconta era seduta nel banco....vuol dire che a scuola adesso ammettono anche le madri degli studenti?
-che bel linguaggio, educato e forbito...e si rivolge direttamente al professo'...ed è una scuola nella quale si fa addirittura Geostoria...bellissimo!
-la "scrittrice" è sarda, ma gli alunni so' davero burini, ah Cicù.....
cicuta Oggetto: Come spiegare le leggi razziali...  23 Ott, 2018 - 11:20  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 2525
Attività utente
Attività utente

Così si fa'...come spiegare le leggi razziali ai giovani.

Ero seduta al banco e aspettavo, come tutti gli altri. Le solite chiacchiere, chi parla di ragazzi, chi di musica sempre più assurda, chi dei problemi con i propri genitori, quando ecco che entra il professore. Aveva una faccia diversa dal solito, non riuscivo a capire perché, sembrava felice e preoccupato insieme, nervoso ma deciso. Si siede alla cattedra, strano anche questo, visto che preferisce fare lezione in piedi. "Ragazzi, devo leggervi una circolare, fate silenzio" Non è stata certo la frase, ne ha lette tante altre da quando è iniziato l'anno, ma stavolta tutti hanno capito che c'era qualcosa di diverso.

E avevamo ragione. Si sistema gli occhiali, schiarisce la voce. "Con effetto immediato, da oggi, 16 ottobre 2018, in tutte le scuole italiane..." E si ferma. Lo vediamo nervoso, si passa più volte la mano tra i capelli e sul viso, non capiamo e vogliamo saperne di più: salta il campo scuola? Si è allagata la palestra? Che diamine succede, parli! Lui invece si alza, si poggia contro la scrivania nella sua consueta posizione, butta ancora l'occhio sul foglio da cui stava leggendo e lo posa. Prende aria, e finalmente parla. "Tutti quelli che hanno i genitori stranieri, o anche un solo genitore straniero, alzino la mano".

Ci guardiamo in faccia, le teste si girano velocemente nel cercare impossibili risposte nei visi dei compagni, chiaramente, nessuno sa e nessuno può sapere. "Alzate le mani!" stavolta alza la voce, questo serve allo scopo. 14 braccia alzate. Su 26 persone che compongono la prima E. Mi giro e vedo le mani alzate di Margherita, africana, e Lu, cinese: si guardano intorno senza capire, spaventate ancora no ma certamente intimorite. Nella sorpresa generale c'è in alto anche la mano di Ludovica. "Mamma è moldava..." In classe ci sono solo quattro ragazzi. Uno di loro alza la mano e Sandro, vicino di banco con cui ha una bromance meravigliosa, trattiene il respiro. "Polonia, la mia famiglia viene da lì, sono tanti anni ormai che siamo qui in Italia, io sono nato al San Filippo Neri..."

Quando tutte le mani sono alzate, il professore torna a parlare. "Raccogliete le vostre cose, fate gli zaini e andate al terzo piano, lì troverete la vostra nuova classe, dove resterete per tutta la durata del liceo" Immediatamente ci sono state due reazioni: lacrime e rabbia. La situazione non era chiara ma è come se vedi qualcuno a terra e cinque persone che lo prendono a calci, ti fai un'idea di chi abbia ragione e chi no. Quindi chiediamo spiegazioni, subito, vogliamo capire, dobbiamo capire cosa diamine sta succedendo, la rabbia aumenta per le lacrime dei nostri compagni, sia di chi deve andare via, sia di chi non vuole che l'altro o l'altra se ne vada.

"Silenzio! Fate silenzio! È fatto obbligo per chi non ha alzato la mano di non interferire e ASSOLUTAMENTE - e qui ha alzato la voce, ho sentito il maiuscolo - non devono più esserci contatti di nessun tipo tra voi e LORO, da ora e per tutti i prossimi anni scolastici. Così è stato deciso, avanti, sbrigatevi"

Apriti cielo. La classe si divide tra chi abbraccia e chi resta impietrito, il professore non dice nulla. Io mi alzo e vedo tanti altri che lo fanno, abbiamo la faccia da guerra e, cazzo, tutta l'intenzione di usarla. Facciamo un passo verso di lui, quando il professore alza le mani, sorride e invita alla calma. "Calma ragazzi, calma" La voce è totalmente diversa, il colpo non è passato e tanti ancora piangono ma nella sua voce c'è qualcosa, qualcosa che ci calma. "Sapete che giorno è oggi?" Ci guardiamo attorno, nessuno vuole essere il primo a rispondere banalmente "martedì". "Settantacinque anni fa, a Roma, c'è stato il rastrellamento del ghetto. Voi avete provato solo una minima parte di quello che sentirono centinaia di persone, molte di queste non furono solo trasferite in un altro piano, ma portate nei campi di concentramento e uccise barbaramente" La tensione si allenta, alcuni compagni cadono letteralmente sulla sedia, gli abbracci sono più forti, Mario e Claudio ridono, piangono, si abbracciano, sputano a terra e ruttano, tutto il repertorio maschile, insomma.

"Ecco, voi avete reagito consolando i vostri compagni, chiedendo spiegazioni, stavate venendo qui da me belli carichi. Beh, tutto questo è bellissimo. E siete solo una prima. Ho fatto lo stesso in una quinta poco fa, e lì li ho fatti arrivare fino alla porta prima di fermarli. Due ragazzi hanno alzato la mano anche se prima non lo avevano fatto, mentendo sulla nazionalità dei genitori, la sorella di Franca - indica una ragazza che sta sempre sulle sue e parla pochissimo - mi è letteralmente saltata addosso e ha voluto leggere per filo e per segno la circolare, strappandola. Giorgio, un ragazzo della Sierra Leone stava preparando lo zaino quando si è alzata la sua ragazza e gli ha detto che se andava via lui sarebbe andata via anche lei.

Tutti urlavano e i ragazzi rimasti indifferenti erano una risibile minoranza. Sapete cosa significa questo?" "Che prima o poi se becca du' pizze, professò?", Lucia, come al solito, risponde da par suo. "No. Che siete migliori di come vi raccontano. Che possono avere il consenso delle vecchie generazioni ma non il vostro. Non sapevate che giorno fosse oggi ma ne avevate comunque dentro di voi il significato, avete sentito l'ingiustizia nonostante tutto intorno a voi gridi di allontanare chi è straniero, chi è diverso secondo parametri tutti da stabilire, che l'integrazione è sbagliata. Nessuno di voi ha visto uno straniero: avete visto un amico o un compagno, e questo è bellissimo"

"Significa che c'è speranza, professore" "Esatto, Mauro" "Significa che se la pijano n'der culo e che nessuno ce deve da rompe er cazzo, professò, semo come er cavaliere nero!" "Lucia, anche meno" La lezione è continuata sulle leggi razziali e raccontando l'olocausto, i campi, evocando nomi duri come Auschwitz. È questo è il commento del mio collega ......

Ecco, io vorrei ringraziare il professore di Geostoria di mia figlia. Vorrei ringraziarlo per essere così nonostante le migliaia di difficoltà che incontra, lui e tutti i suoi colleghi, nell'insegnare, nel formare, nel far crescere i nostri ragazzi nonostante tutti i paletti e le difficoltà messi da chi considera i professori un peso, da chi dice che fanno tre mesi di vacanza e lavorano mezza giornata. Lo ringrazio per il suo non arrendersi ed essere riuscito a far sentire la bellezza dell'amore, dell'unità. Questa è la scuola che voglio per mia figlia. Non mense separate, nessun noi contro loro. (Da Ermanna Masia) #MamAfrica Liana






Patrizia51 Oggetto:   16 Gen, 2018 - 16:43  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 5176
Attività utente
Attività utente

SOLDATI AMERICANI POSANO TRA I CADAVERI DI UOMINI, DONNE E BAMBINI DI ETNIA MORO.
STORIA DEL MASSACRO DI BUD DAJO


I Moro sono l’etnia non cristiana più numerosa nelle Filippine. Devono il loro nome al termine con cui storicamente i non islamici definivano alcuni gruppi di musulmani. Stanziati principalmente nel sud del Paese furono da sempre una spina nel fianco per tutti coloro che cercarono di assoggettarli.
Dagli spagnoli ai giapponesi, passando per gli americani, contro cui i Moro, come altri abitanti delle filippe, dal 1899 al 1913 combatterono una lunga e durissima guerra ad intermittenza. (…)
Il territorio dei Moro fu ridotto ad una provincia direttamente dipendente dalle autorità coloniali e come conseguenza scoppiarono frequenti proteste e autentiche rivolte.
Il governo americano reagì inviando il generale Leonard Wood, già governatore a Cuba, per risolvere una volta per tutte la questione dei Moro.(…)
Wood nei tre anni di governatorato pensò di piegare i ribelli abolendo completamente il trattato di Bates e silenziando le autorità locali, mentre lanciava diverse importanti campagne militari.
Al termine di una di queste avvenne proprio il massacro di Bud Dajo.
Bud Dajo è il sito più alto della provincia, un grande cono di cenere appartenente al complesso vulcanico di Jolo. Qui secondo una leggenda dei Moro, gli spiriti avrebbero sostenuto i guerrieri nei momenti di difficoltà. Ben forniti di provviste circa novecento Moro che non avevano accettato la resa siglata da alcuni capi, si trasferirono sulla cima, con donne e bambini al seguito. La zona, accessibile solo da stretti sentieri, era facilmente difendibile, ma chiaramente la superiorità dei mezzi bellici nemici finì per vanificare il vantaggio strategico.
L’artiglieria dei marines martellò per un giorno intero la cima. Poi l’8 marzo 1906 Bud Dajo venne preso. Dei 900 Moro presenti solo 18 sopravvissero al massacro. Wood stesso riferì in patria che tutti erano stati presi a cannonate, mitragliate o finiti sul posto. Compresi donne e bambini.
Theodore Roosevelt, il presidente in carica, si complimentò per il successo dell’operazione.
Negli Stati Uniti l’episodio fu raccontato come la battaglia di Bud Dajo, tra i Moro passò alla storia come il massacro del cratere.
Si calcola che nel corso dell’insurrezione filippina contro l’occupazione statunitense, le vittime civili della repressione furono almeno 200.000.

(link)

Ma da quanti di questi orrori è composta la storia? Io, confesso l'ignoranza, questo non lo conoscevo.



_________________
Preferisco le eccezioni - Wislawa Szymborska
assodipicche Oggetto:   25 Ott, 2017 - 15:37  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6124
Attività utente
Attività utente

Grazie a te per averlo scritto, Alma!
Alma Oggetto:   25 Ott, 2017 - 14:19  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 2522
Attività utente
Attività utente

In settimana tornerò su in trentino. La prima cosa che vedo arrivando in quelle terre sono delle enormi pale eoliche, mi sembrano i guardiani di confine. Poi si erge in lontananza il sacrario dei caduti della guerra 13-18. Le ossa di oltre 20.000 uomini vi sono racchiuse. Mentre circumnavighiamo la collinetta per addentrarci tra i monti mi immagino di avere 17 anni e sorrido e dico: ciao ragazzi! E la sacralità della morte mi sorride di rimando…





P:S:Grazie asso di tutto ciò che posti, anche se nn sempre te lo diciamo.
assodipicche Oggetto: Cent'anni fa Caporetto.  24 Ott, 2017 - 17:39  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6124
Attività utente
Attività utente

Quando si dice che “è stata una Caporetto” oggi –nel linguaggio comune- si vuol dire che è stata una pesante sconfitta, una disfatta.
Beh, in effetti –cento anni fa- il Regio Esercito Italiano subì in quella località, che oggi si trova in Slovenia, una batosta che ebbe sostanziali ripercussioni sull’andamento della guerra. Ma quello che più d’ogni altro ha contribuito a tramandarne una memoria spregiativa è stato il nostro inguaribile vezzo autodenigratorio.

Anche in quell’occasione infatti sia la stampa che i politici si scatenarono in indiscriminati attacchi denigratori. Da quel disastro militare –e dalla sua eco anche fuori dei confini- nacque così la nomea del soldato italiano…come dire….scarsamente eroico. E non mancò il contributo del Generale Cadorna, che dette subito la colpa alla scarsa volontà di combattere della truppa. Ecco il suo bollettino:” "La mancata resistenza di reparti della Seconda Armata, vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze armate austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte giulia" (Nicola Labanca, "Caporetto - Storia di una disfatta", Giunti, Firenze, 1997, p. trentotto). Queste gravi accuse segnarono definitivamente la fine della sua carriera ai vertici dell'esercito italiano.

Perché ne parliamo oggi? Perché l’offensiva austro-ungarica ebbe inizio proprio all’alba del 24 ottobre 1917 per concludersi il 3 novembre. Ed è una circostanza impressionante che 25 anni dopo, negli stessi giorni (23 ott/3 nov. 1942) il nostro esercito doveva subire un’altra cocente sconfitta a El Alamein.

Oggi nei nostri giornali le foto della nostra ritirata si sprecano, quindi non ne riporto nessuna. Vi faccio vedere invece una cartolina della mia collezione, spedita proprio in quei giorni a mio padre in zona di guerra, col decalogo del soldato in trincea.
Aiuta a capire.






Ultima modifica di assodipicche il 25 Ott, 2017 - 15:31, modificato 1 volta in totale
assodipicche Oggetto: I sette nani sopravvissuti a Auschwitz  30 Giu, 2017 - 12:15  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6124
Attività utente
Attività utente





Quando sono scesi dal treno della morte, ad Auschwitz, uno di loro ha cominciato a distribuire biglietti da visita autografati. Erano i Lilliput e da più di dieci anni giravano per tante nazioni dell’est Europa, loro che venivano dalla Romania, a cantare e ballare. Il nome spiegava tutto: cinque donne e due uomini, tutti nani e tutti della stessa famiglia, gli Ovitz. Fratelli e sorelle. Dieci in tutto, perché c’erano anche altri tre con altezza nella media. Fu questo a evitare loro quei camini sempre fumanti che avevano visto scendendo dal treno. L’incontro con l’Angelo della Morte, il dottor Mengele, fu paradossalmente la loro salvezza. Fra torture indicibili e dolori immensi. L’Olocausto che è nato con i disabili (lo abbiamo documentato anche su InVisibili), Ausmerzen e le “vite non degne della vita”, si rovescia per loro attraverso la cattiveria e la follia di un medico assassino e incapace.

Gli Ovitz erano ebrei originari dalla Romania. Shimson Eizik, oltre a essere un rabbino e un musicista in quei primi venti anni del secolo scorso, aveva anche messo al mondo dieci figli in due matrimoni. Sette di loro, come lui, erano con pseudoacondoplasia, che è una delle forme più comuni di nanismo con l’acondroplasia. La loro storia sembra la sceneggiatura di un film e invece è tremendamente vera.

Negli anni ’30 e all’inizio dei ‘40, gli Ovitz, dopo la prematura morte del padre e una promessa voluta dalla madre di otto di loro, la seconda moglie, mentre stava morendo (“Non vi dividerete mai, vi aiuterete sempre stando vicini, solo così potrete vivere”), erano una compagnia affermata di attori, ballerini, musicisti e cantanti. Tanto che non si preoccupavano molto delle leggi che colpivano gli ebrei in diverse nazioni d’Europa, anche perché avevano ottenuto di non avere segnalata la loro origine ebrea sui fogli che presentavano alle frontiere e nei vari Paesi. Furono presi però mentre si esibivano in Ungheria, invasa dai tedeschi.

Arrivarono ad Auschwitz di notte, nel maggio del ‘44. Erano in 3500. In poche ore la maggior parte vennero uccisi. Rimasero in 400. Fra questi gli Ovitz. Quando li vide sul treno, un ufficiale nazista urlò: “Chiamate il medico!”. Andarono a svegliare Mengele. Normalmente, non l’avrebbero fatto, fosse stato qualche gemello, o qualche persona di bassa o alta statura, o un ermafrodita. Insomma, le passioni perverse del dottore. Ma questa volta era diverso: sette e tutti della stessa famiglia. Fecero bene. Mengele cominciò a interrogarli. Quando finì gli brillavano gli occhi: “Ho lavoro per i prossimi venti anni”. Lo ricordava bene Perla, la più giovane con i suoi 23 anni, alla quale si deve buona parte della memoria sulla loro storia, dalla quale sono stati tratti libri e documentari. Quando arrivò si chiese cosa fossero quei camini: “Forse ci faranno il pane”. La illuminò un ebreo con una giacca a righe. Non lo scordò mai: “Ogni fiamma sembrava un essere umano”.

E c’era quel medico. Salvi per lui. Per la sua malvagità. Li voleva vivi per i suoi esperimenti. Loro sette e altri quindici membri della famiglia sopravvissero per quello. Diventarono fra i suoi preferiti. Fu permesso di portare i loro vestiti, avere dei vasini, tolti ai bimbi ammazzati, per i loro bisogni invece delle latrine comuni, avevano una ciotola per lavarsi. Vivevano sempre in una baracca e il cibo era scarso, una zuppa di pane, ma confronto agli altri era il Grand Hotel. Il cambio fu tremendo: esperimenti e torture, prelievi infiniti di sangue (“Quando svenivamo fra vomito e schizzi di sangue, si fermava, appena svegli riprendeva”) e midollo, continui raggi X, acqua bollente e poi gelata nelle orecchie, denti sani e capelli strappati, sostanze iniettate nell’utero delle donne. Poi il terrore. Un giorno Mengele fece uccidere un papà e un figlio acondroplasici, arrivati al campo tre mesi dopo di loro. Voleva esporre le loro ossa in un museo di Berlino. Ordinò di bollire i loro corpi sinché carne e ossa non si fossero separate. Un altro disse agli Ovitz che sarebbero andati con lui. Fece truccare le donne. Pensarono di dover morire. Invece li espose nudi in un convegno di alti ufficiali nazisti. Una mostra per nascondere risultati che un cialtrone e ciarlatano come lui mai avrebbe potuto avere. Per lui cantarono e si esibirono, cercando di circuirlo anche in questa maniera. Si mostravano sorridenti. Lui, prima o dopo le torture, ricambiava.

Fu così che riuscirono, incredibilmente, a vivere sette, lunghissimi mesi. Uno dei fratelli non di bassa statura fu l’unico a morire, ucciso mentre tentava di scappare. Quando i russi si stavano avvicinando Mengele scappò. Li trovarono fra i pochi sopravvissuti, in mezzo all’orrore. Erano ancora tutti uniti. Ognuno, ogni maledetto giorno, aveva nella mente quella frase di mamma, sul letto, prima di morire: “State insieme. Sempre”.

Gli Ovitz tornarono al loro villaggio in Transilvania, emigrando in Israele nel ’49. Si spensero lì, l’ultima fu Perla nel 2001. Mengele non fu mai catturato per i suoi crimini. Morì, stroncato da un ictus, nel ‘79, in America del Sud, dopo un bagno nell’Atlantico.

(Dall'Archivio del Corriere della Sera)
Margine Oggetto:   19 Mag, 2017 - 22:39  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6395
Attività utente
Attività utente

Storia della tecnologia delle comunicazioni




Questa immagine raffigura la targa della via francese dedicata a Édouard Belin, inventore del Belinografo.
Ma cosa é il belinografo?
si tratta di una sorta di telegrafo capace di spedire immagini. In Italia fu anche chiamata "telefoto" ed è stata usata dalle agenzie di stampa per buona parte del XX secolo.
Spiega il suo funzionamento il Comandante Ernani Andreatta, intervistato da Liguria Notizie

"L’apparecchiatura era composta da due parti: la parte elettrica che riceveva e trasmetteva segnali elettrici, e una seconda parte meccanica che scriveva su carta i messaggi ricevuti sfruttando il principio della vite senza fine. L’ingegner Belin ha inventato un dispositivo elettromeccanico che analizzava la fotografia in ogni suo particolare, sia nella tonalità del bianco e nero sia nelle dimensioni e poi trasformava in impulsi elettrici la foto.

Il belinografo elaborava i segnali elettrici ricevuti e li riconvertiva in movimenti meccanici che, asserviti ad una stampante, riproduceva su carta l’immagine ricevuta in ogni suo particolare. In questo modo si poteva inviare attraverso un trasmettitore elettronico una sequenza di impulsi, a centinaia di chilometri di distanza, per mezzo delle reti telefoniche. Ovviamente il sistema elettromeccanico era uguale sia per il trasmettitore che per il ricevitore. Questo meccanismo era molto delicato nella sincronizzazione tra ricevitore e trasmettitore e ha funzionato per quasi venti anni!"

Grazie Monsieur Belin!
(nella foto, Edouard Belin riceve un belinogramma Wink )






Per approfondimenti: http://www.ligurianotizie.it/il-belinografo-e-il-nonno-d…/…/
Un esemplare di belinografo è attualmente conservato nel Museo Marinaro Tommasino-Andreatta Chiavari di Comune di Chiavari.
fiamma_g Oggetto: Re: Per un pugno di dollari  08 Mag, 2017 - 17:08  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 115
Attività utente
Attività utente

GUSTLOFF, IL NAUFRAGIO DIMENTICATO


E' stato il naufragio più grave da quando l'uomo ha iniziato a solcare i mari, eppure è del tutto ignoto al grande pubblico.Nel 2017 ricorrono 80 anni dal varo di questo transatlantico tedesco che fu affondato da un sottomarino sovietico, portò con se negli abissi del Mar Baltico, 9.400 persone, tra cui 5.000 bambini. Un numero di vittime mai uguagliato (per fortuna), sei volte superiore a quello del TITANIC, che ne contò appena 1.500. Il GUSTLOFF era stato varato per fornire a basso costo, alle masse popolari concerti, escursioni, vacanze, corsi e altre attività solitamente riservate alle classi più abbienti. A quei tempi la GUSTLOFF era la nave più sfarzosa della flotta tedesca .Aggiungo anche questo ricordo a "tutte le vittime del mare".


Fiamma






Fiamma








liliana ha scritto:



Per un pugno di dollari

Quest’anno cade il 103° anniversario del naufragio del Titanic, la tragedia navale più importante del secolo scorso.La notte del 14 aprile 1912, alle ore 23.40 il transatlantico “inaffondabile” urtò un iceberg, inabissandosi nell’Oceano Atlantico.

Quella tragedia continua a far parlare ancora oggi, tra tanti misteri .
“Non c’era vento, il mare era calmo e scuro, le onde parevano cullare il sogno di molti emigranti che volevano raggiungere l'America, quasi fosse "la terra promessa".

Mancava un’ora alla mezzanotte, in quella notte senza Luna, nel salone di prima classe, eccheggiavano ancora musiche,mentre il capitano Edward John Smith, guardava un pò stanco chi si divertiva.Ma una delle tragedie marittime più grandi del secolo stava per succedere,non facendo arrivare mai la nave a New York come da previsione.

Il Titanic era considerato inaffondabile, ed era suddiviso in tre classi: la prima, era contraddistinta da cabine di lusso molto confortevoli, con accesso diretto ad una sala da pranzo, un ristorante, una sala fumatori e varie sale da caffè.

Uno degli obiettivi era di offrire ai passeggeri la massima comodità di viaggio ed il "TITANIC," disponeva di alloggi che gli conferirono un lusso ed un prestigio ineguagliati in quel tempo.
Questi alloggi erano suddivisi in tre classi in funzione della situazione sociale e delle possibilità finanziarie dei passeggeri: "nella prima classe c'erano le persone più abbienti, in seconda e in terza classe le persone di condizione modesta."

I passeggeri più facoltosi,avevano la possibilità di essere accompagnati, nel loro proprio alloggio, dai loro domestici personali.Le 222 cabine di terza classe erano situate sui ponti inferiori della nave, occupate in maggioranza da emigranti, soprattutto originari del Regno Unito, paesi scandinavi, dell'Est, del Mediterraneo e del Medio Oriente.
Giuseppe,bisnonno della mamma di Caterina mia carissima amica, aveva raccontato ai nipoti quel viaggio in terza classe, come la maggior parte delle persone a bordo della nave.Quel vecchio emigrante italiano,uno dei tanti partiti dal Sud, aveva trascorso come altri milioni di italiani un lungo periodo lontano dal proprio Paese, ma non aveva mai dimenticato quella traversata sentendosi un miracolato.
Ormai vecchio,pensava alle privazioni di quel lungo periodo lontano dalla sua terra, forse solo per un pugno di dollari




Risultati immagini per dollari

Liliana










Margine Oggetto:   08 Mag, 2017 - 12:26  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6395
Attività utente
Attività utente

La prima parolaccia "italiana".

San Clemente, il quarto vescovo di Roma (e quindi il quarto papa), visse in un'epoca travagliata per gli aderenti al culto di Cristo. Rischiò diverse volte di fare una brutta fine; la più famosa delle sue disavventure è raccontata in una pittura murale ancora oggi visibile nella Basilica omonima, a Roma, datata alla fine del XI secolo
.




(Per vedere l'immagina ingrandita, cliccare qui)


La leggenda racconta che Sisinno, ricco patrizio romano, dopo aver scoperto della conversione al cristianesimo della moglie, avesse ordito un piano per catturare (e probabilmente far sparire) Clemente. Egli, aiutato dai suoi sgherri, piombò sul futuro santo mentre stava dicendo messa. Un miracolo però accecò e istupidì i pagani che confusero Clemente con una colonna e con grande sforzo la trascinarono via.
Sisinno, nel dipinto, incita i suoi e non usa certo un linguaggio da damerino. Ecco che in questo "fumetto" ante litteram compare allora la prima parolaccia volgare, antenata di una delle nostre imprecazioni più becere.
Il testo vedrebbe solo due voci: Sisinno e Clemente. In altre ipotesi si fanno parlare un po' tutte le figure presenti, seguendo una logica di tipo fumettistico (le parole sopra chi parla).

Volendo quindi vederci una serie di sollecitazioni di Sisinno nelle parole volgari avremmo:

"Tirate, figli di puttana
Gosmario, Albertello, tirate
Fai leva da dietro col palo, Carboncello"

Infine le parole del santo, presumibilmente nascosto dietro le colonne centrali, che ammonisce gli aggressori in latino.
"A causa della durezza del vostro cuore,
avete meritato di trascinare sassi."


Da notare infine che per definire la diversa levatura dei protagonisti, è stato utilizzato il volgare per i marrani e il latino per Clemente, la lingua dei dotti e dei santi.

Fonte:
"Il medievalista", Giovanni Melappioni
Margine Oggetto:   03 Dic, 2016 - 12:17  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6395
Attività utente
Attività utente

La "storiella" che nessuno conosce.

L'AUTOMA CHE GIOCA A SCACCHI





Il primo e più celebre automa in grado di giocare a scacchi fu costruito nel 1770 da un nobile ungherese di Presburg, Wolfgang von Kempelen, e presentato alla corte dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria. Esso raffigurava un uomo avvolto in abiti orientali, seduto dietro una specie di scrivania chiusa sul davanti da tre sportelli, con due cassetti in fondo; per il suo aspetto e il turbante che portava in testa era conosciuto come "il Turco". Prima di ogni partita, l'inventore apriva gli sportelli ad uno ad uno, mostrando agli spettatori un complesso di ingranaggi, rotelle, fili di ogni genere, veramente impressionante. "Il Turco" si esibì a Vienna nel 1770, in Russia nel 1776, a Parigi (dove fu studiato da Benjamin Franklin) e a Londra nel 1783. In seguito alla morte di von Kempelen, avvenuta nel 1784, i figli vendettero l'automa a Johann Maelzel, celebre inventore del metronomo, il quale proseguì le esibizioni in tutta Europa.
Per l'astronomica cifra di 30 mila franchi, nel 1811 il principe Eugenio de Beauharnais acquistò "il Turco". Deluso dalla reale natura dell'oggetto, il principe lo ricedette per la stessa somma a Maelzel. L'automa, infatti, non era affatto un miracolo di tecnologia, bensì una truffa molto ben congegnata: era semplicemente azionato nell'interno da un uomo di piccola statura, che si occultava abilmente dietro gli ingranaggi, spostandosi a destra o a sinistra a seconda dello sportello che veniva aperto. I movimenti dei pezzi sul tavolo, durante la partita, gli venivano segnalati da piccoli magneti posti al di sotto, in modo che il giocatore potesse riprodurre le mosse su una scacchiera tascabile, e rispondere, poi, manovrando il braccio mobile del turco. A lungo si nascose all'interno dell'automa un polacco di nome Worowski, che aveva perso le sue gambe in guerra, e in seguito il francese Mouret, che prese parte alla truffa nel 1820 a Parigi.
Inseguito dai creditori, nel 1825 Maelzel si imbarcò per gli Stati Uniti portando con sé l'automa. In terra americana si esibì a Broadway, Boston, New York, Philadelphia, Baltimora, Pittsburg, Washington e Richmond.
In quest'ultima città l'automa fu studiato da Edgar Allen Poe, che in un giornale locale rivelò "the spoof of the Turk", la truffa del Turco. Indebitatosi anche negli Stati Uniti, Maelzel fu costretto a vendere l'automa per 400 dollari a John F. Ohl, che dopo alcuni anni lo cedette al museo di Philadelphia. Qui venne distrutto dall'incendio che devastò la città il 5 luglio 1854.

scritto da Mariano Tomatis


liliana Oggetto: Per un pugno di dollari  02 Dic, 2016 - 14:25  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 7644
Attività utente
Attività utente

Per un pugno di dollari

Quest’anno cade il 103° anniversario del naufragio del Titanic, la tragedia navale più importante del secolo scorso.La notte del 14 aprile 1912, alle ore 23.40 il transatlantico “inaffondabile” urtò un iceberg, inabissandosi nell’Oceano Atlantico.

Quella tragedia continua a far parlare ancora oggi, tra tanti misteri .
“Non c’era vento, il mare era calmo e scuro, le onde parevano cullare il sogno di molti emigranti che volevano raggiungere l'America, quasi fosse "la terra promessa".

Mancava un’ora alla mezzanotte, in quella notte senza Luna, nel salone di prima classe, eccheggiavano ancora musiche,mentre il capitano Edward John Smith, guardava un pò stanco chi si divertiva.Ma una delle tragedie marittime più grandi del secolo stava per succedere,non facendo arrivare mai la nave a New York come da previsione.

Il Titanic era considerato inaffondabile, ed era suddiviso in tre classi: la prima, era contraddistinta da cabine di lusso molto confortevoli, con accesso diretto ad una sala da pranzo, un ristorante, una sala fumatori e varie sale da caffè.

Uno degli obiettivi era di offrire ai passeggeri la massima comodità di viaggio ed il "TITANIC," disponeva di alloggi che gli conferirono un lusso ed un prestigio ineguagliati in quel tempo.
Questi alloggi erano suddivisi in tre classi in funzione della situazione sociale e delle possibilità finanziarie dei passeggeri: "nella prima classe c'erano le persone più abbienti, in seconda e in terza classe le persone di condizione modesta."

I passeggeri più facoltosi,avevano la possibilità di essere accompagnati, nel loro proprio alloggio, dai loro domestici personali.Le 222 cabine di terza classe erano situate sui ponti inferiori della nave, occupate in maggioranza da emigranti, soprattutto originari del Regno Unito, paesi scandinavi, dell'Est, del Mediterraneo e del Medio Oriente.
Giuseppe,bisnonno della mamma di Caterina mia carissima amica, aveva raccontato ai nipoti quel viaggio in terza classe, come la maggior parte delle persone a bordo della nave.Quel vecchio emigrante italiano,uno dei tanti partiti dal Sud, aveva trascorso come altri milioni di italiani un lungo periodo lontano dal proprio Paese, ma non aveva mai dimenticato quella traversata sentendosi un miracolato.
Ormai vecchio,pensava alle privazioni di quel lungo periodo lontano dalla sua terra, forse solo per un pugno di dollari




Risultati immagini per dollari

Liliana










liliana Oggetto: ITALIA IN CAMICE NERA  30 Nov, 2016 - 10:09  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 7644
Attività utente
Attività utente

Una storia di un'epoca che sembra tanto lontana ma ancora così vicina, da far ricordare alcuni episodi.Il ricordo è arrivato da un sito dedicato agli anziani. E'solo una storia che non vuole generelizzare un epoca, ma è stata vissuta da molti italiani.Prendendo quella riportata da quell'utente che chiamerò Andrea,scrivo:

La casa, anche se immensa,era sempre sovraffollata da amici e parenti, i miei genitori erano molto ospitali e possedendo una "radio",alla quale mi sento obbligato a dare un piccolissimo accenno,specifico che apparecchi radio in Italia arrivavano a 40.000 nel 1927 e un apparecchio radio costava all'incirca due anni di stipendio che arrivava a: 12.000 lire. Perchè ricordare la radio?Perchè posseduta in pochi e le notizie trasmesse,col progredire della guerra "RADIO LONDRA" inviava un numero di messaggi speciali. Comunicazioni enigmatiche e affascinanti destinate alle forze della resistenza. Oggi tutti conoscono le funzioni di questi messaggi ma all'epoca erano circondati dal segreto militare più assoluto.
Mi divertivo anche se non capivo il significato delle parole ascoltate di nascosto,ma di nascosto erano ascoltate anche dai grandi.
Quanto mi tormentava invece erano le adunate dell"Opera Nazionale Balilla (ONB).L'educazione maschile aveva carattere prettamente militaresco, mentre il ramo femminile era molto meno considerato: la futura donna fascista era cresciuta affinché diventasse una massaia sobria e attenta, moglie forte e madre prolifica.
Andrea descrive alcune emozioni ricevute da bambino,il brutto o il bello sono di un vissuto passato; chiaramente è la storia che scrive poi, quanto si vuol far "conoscere"

L.M.

liliana Oggetto: Maria Stuarda  25 Nov, 2016 - 11:50  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 7644
Attività utente
Attività utente


Risultati immagini per Maria Stuarda
Stralci di avvenimenti storici,non da tutti conosciuti:

Cuore di Regina:Maria Stuarda
Edimburgo, 18 febbraio 1567
Il sole stava per tramontare su Edimburgo, e gli abitanti di Holyrood Palace, sede della corte reale, si preparavano per coricarsi, al termine di un'altra lunga giornata.Nello sfarzo dei suoi appartamenti, la regina Mary sedeva di fronte ad uno specchio che ne rifletteva il bel volto pallido e scavato dalla stanchezza, mentre Emily (sua domestica)continuava a passarle in silenzio la spazzola tra i capelli bruni, con gesti
rapidi e ripetitivi. Mary non pareva farle caso, ma fissava con aria assente la propria immagine riflessa nello specchio, apparentemente senza vederla.
Per lei, quello specchio rifletteva molto di più del proprio volto stanco e triste; in quel pezzo di vetro la Regina, vedeva materializzarsi i propri pensieri cupi,vedeva volti conosciuti e immagini vecchie e nuove di un passato drammaticamente e improvvisamente spezzato.
In quello specchio,vedeva il volto del suo amato Davide Riccio, l'umile musico italiano che aveva rapito il suo cuore di Regina.Vedeva i suoi occhi color cielo e i lunghi riccioli che gli ricadevano sulla fronte, così morbidi e setosi,e quel neo sul collo che pian piano aveva imparato ad amare e a desiderare come il resto del corpo di lui.
I Riccio erano una famiglia di origine anscarica e già dal 1095 facevano parte dell'aristocrazia che dominava il comune signorile di Asti. Essi furono per almeno cinque secoli strettamente legati alla storia di San Paolo e di Solbrito. Già verso la metà del XIII secolo, con Bartolomeo Riccio, essi compaiono come "Signori di San Paolo" e i loro domini si estesero a comprendere, nel XV secolo, le terre di Solbrito, Cellarengo, Corveglia, Curia, Dusino, San Michele, Ferrere, Menabò, Stoerda e Triversola.
"Davide", fu stabilmente assunto al servizio di Mary Stuard con un salario annuale iniziale di 65 sterline, o di 80 secondo un'altra fonte. Nei libri dei conti "David le chantre" fu registrato tra i domestici come "valet de chambre". Mary aveva talento musicale e si dilettava lei stessa di musica: suonava il liuto e il virginale, una spinetta di forma quadrata, così chiamata perché adoperata dalle ragazze di buona famiglia. Aveva anche una certa abilità nel canto, una voce dolce e ben modulata, nonché un vero talento nella danza.
E' con sir James Melville che ebbe inizio la leggenda,forse non così leggenda, di Davide quale uno dei fondatori e innovatori della musica scozzese a noi pervenuta. Melville, ed anche Birrel e Irwin, parlarono di lui come di un ottimo musicista o, in altre parole, di un grande.
Due secoli più tardi, William Thompson in "Orpheus Caledonius", 1725, attribuì a Davide la paternità di sette arie, fra le più belle e importanti della musica tradizionale scozzese.
“Vostra Maestà, io ho terminato".La voce di Emily si era insinuata tra i preziosi ricordi della "Regina", per essere tramandati anche a noi.L.M.
liliana Oggetto: Il fratello di Casanova  19 Nov, 2016 - 10:12  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 7644
Attività utente
Attività utente


https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a1/Giovanni_casanova.jpg

Di GIACOMO CASANOVA si conosce tutto: Giacomo Girolamo Casanova è stato un avventuriero, scrittore, poeta,libertino alchimista, diplomatico, filosofo e agente segreto italiano, cittadino della Repubblica di Venezia, uno che per tutta la vita ha servito padroni occulti e che si è inventato il passato.
Poco invece si conosce di suo fratello (nell'immagine riportata)
Secondo l'atto di battesimo gli furono imposti i nomi di "Giovanni Alvise Simeon Carlo" ma dopo il suo trasferimento a Dresda fu sempre chiamato "Giovanni Battista", come fu anche scritto sulla sua tomba.
Terzo figlio di Gaetano Casanova e Zanetta Farussi, attori veneziani, era fratello del più famoso Giacomo Casanova e del pittore Francesco Casanova. Orfano del padre nel 1733, nel 1737 seguì la madre a Dresda dove frequentò le botteghe di Louis de Silvestre e di Christian Wilhelm Ernst Dietrich.
Con una borsa di studio tornò a Venezia e vi rimase tre anni sotto la direzione di "Giovanni Battista Piazzetta". Nel 1752, quando aveva 22 anni, Anton Raphael Mengs, di passaggio a Venezia, lo conobbe e lo volle con sé nel suo viaggio in Italia. Si fermarono a Firenze, Roma, Napoli, Pompei ed Ercolano, dove ebbe modo di dimostrarsi un valido copista, in particolare nelle opere di Raffaello.
Tornati a Roma ebbe modo di farsi apprezzare come artista, e quando nel 1762 Mengs se ne andò in Spagna, Casanova ricevette l'incarico da parte della Sorbona di Parigi di eseguire il ritratto di Clemente XIII, e vinse un gran premio di pittura all'Accademia di Roma.
Conobbe Winckelmann e insieme collaborarono alla realizzazione di un libro sulle antichità di Roma, che fu poi pubblicato nel 1767, ma divergenze di carattere e qualche affare poco chiaro causarono la loro rottura. Fu infatti accusato di truffa dal Winckelmann per avergli venduto due disegni di pezzi archeologici, spacciati come autentici.
Nel 1764, nonostante avesse ricevuto diverse offerte da Napoli, Roma e Londra, preferì tornare a Dresda, dove insieme a Johann Eleazar Zeissig, chiamato Schenauer, fu professore e condirettore dell'Accademia di Dresda. Dal 1776 fu nominato direttore unico dell'Accademia, incarico che mantenne fino alla morte. Sotto la sua direzione, si formarono molti validi artisti e contribuì allo sviluppo del gusto artistico in Germania.
Chi lo conobbe disse di lui che era una persona molto autorevole, elegante e con modi di fare molto raffinati, ma il suo carattere non era dei migliori perché incline alla polemica.
Come artista non aveva un talento creativo, preferiva copiare dal vero, fare ritratti o copiare vecchi maestri, sapeva rappresentare con maestria scene mitologiche e allegoriche secondo il gusto del suo tempo. La sua abilità tecnica e le sue conoscenze teoriche lo portarono all'insegnamento e in questa veste ha dato il meglio di sé.
Con la sua esperienza sviluppò una teoria sulla pittura che intendeva fare oggetto di una pubblicazione ma lasciò solo il manoscritto in francese del primo volume, conservato nella biblioteca dell'Accademia di Dresda. Scrisse anche un libro in italiano ad uso degli alunni dell'Accademia intitolato: Discorsi sopra gli antichi e vari monumenti, loro per uso degli alunni dell'Elettoral Accademia delle Bell'Arti di Dresda di G. Casanova professore della medesima. Ved. Dyck, Lipsia 1770.Oltre all'Accademia, tra i suoi interessi c'era il collezionismo di monete, medaglie e stampe.
La tomba di Giovanni Casanova si trova a Dresda nella "Alten Katholischen Friedhof", dove riposa insieme a molti altri personaggi celebri. Il suo monumento fu progettato dall'allievo Franz Pettrich.
assodipicche Oggetto:   11 Nov, 2016 - 15:55  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 6124
Attività utente
Attività utente






Oggi ho dedicato la mattinata a riordinare cianfrusaglie giù in cantina e, alla fine, ho deciso che era ora di liberarsi di un po' di vecchi libri, che -da incallito conservatore- ancora possiedo.
Fra questi mi è capitato un vecchio, sdrucito testo scolastico risalente al 1935/36, in uso nei licei.
Il titolo (interno) è: "L'Italia Guerriera" di Aldo Valori.

Vi riporto qualche frase della premessa.
L'inizio: "L'insegnamento della cultura militare nelle scuole ha scopo integrativo. È inteso cioè alla preparazione del cittadino-soldato". [....] La conclusione:"La scuola così acquisterà un nuovo titolo di benemerenza nel delicato settore della educazione della gioventù".
Come sia andata a finire, lo sappiamo tutti! Però una domandina viene spontanea: "Ma oggi, per contribuire all'educazione (che brutta parola!) della gioventù, a scuola che si fa?
Alma Oggetto:   29 Ott, 2016 - 12:22  Profilo Rispondi citando   

Messaggi: 2522
Attività utente
Attività utente

Mi eran stati regalati un paio di accendisigari ottenuti con bossoli di mitragliatrice della 2° guerra mondiale, poi li ho venduti a un collezionista di “ militaria” . Questi cercava soprattutto elmetti tedeschi originali. Ora capisco perché son considerati rari!

Nuova discussione   Rispondi Vai a pagina       
2
      ...             
ANZIANI.IT
Via del Poggio Laurentino 2
00144 Roma (RM)
P.Iva: 05121921000
DATA PROTECTION OFFICER

E' possibile contattare in qualsiasi momento questa email dpo@final.it per richiedere l'anonimizzazione o rimozione completa dei propri dati dalla piattaforma secondo la General Data Protection Regulation (GDPR).

INFORMAZIONI LEGALI