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liliana |
Oggetto: Storie 16 Gen, 2021 - 15:34
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Storie antiche
Torniamo indietro nel tempo, nel mondo mitico dell’Odissea, con la storia di Ulisse e Penelope. I due sono diventati simbolo dell’amore coniugale, nonostante i frequenti tradimenti perpetrati dall’eroe omerico nel corso delle sue peregrinazioni lontano da Itaca, dopo la guerra di Troia. Penelope, invece, donna e moglie modello, astuta e fedele, aspetta per vent’anni che il suo uomo torni ad occupare il letto nuziale. L’incontro finale tra i due è tra i più emozionanti della letteratura:
“Agitata era nel cuore, incerta se mai interrogare da lungi il caro marito o se andargli vicino, baciare il suo capo e toccar le sue mani”.
Antonio e Cleopatra
Tornando ancora indietro nel tempo e soffermandoci nel mondo dell’amore,troviamo una storia travolgente, pagata con la sconfitta ed il sangue, quella tra: il triumviro Marco Antonio e l’ultima regina d’Egitto, Cleopatra VII.
Una storia non convenzionale, in cui un uomo ai vertici del potere decide di rischiare la sua posizione, faticosamente conquistata, per l’amore di una donna. A una simile trama di passione e morte non poteva resistere il re delle tragedie, Shakespeare, che le dedicò un’opera teatrale.
Siamo nel 42 d.C., quando Antonio e Ottaviano (destinato a diventare l’imperatore Augusto) sconfiggono i cesaricidi Bruto e Cassio a Filippi.
I vincitori si spartiscono i territori, Antonio ottiene l’Egitto. Forse non fu una scelta casuale: sovrana d’Egitto era al tempo la fascinosa Cleopatra. I due si erano forse conosciuti l’anno prima a Tarso e Antonio ne era rimasto abbagliato: “Ella stava sdraiata sotto un padiglione ricamato d’oro,ornata come appare Afrodite nei dipinti. Nell’insieme l’aspetto, il fascino della conversazione, il suo modo di trattare con gli altri, lasciavano il segno. In tal modo ella catturò Antonio” racconta lo storico Plutarco.
Antonio si stabilisce ad Alessandria con Cleopatra, completamente dimentico della moglie, Ottavia, sorella di Ottaviano.
L’atto supremo di sfida arriva quando Antonio decide di sposare Cleopatra: un affronto insopportabile per Ottaviano, che coglie l’occasione per sbarazzarsi una volta per tutte dell’ingombrante triumviro. Antonio è dichiarato nemico pubblico di Roma.
Lo scontro finale avviene al largo di Anzio, nel 31 d.C.: l’armata d’Egitto viene sconfitta.
Quello che succede dopo, ha i tratti del dramma romantico: Cleopatra si dà alla fuga con la sua flotta, Antonio la segue. Ottaviano giunge alle porta di Alessandria; la fine è vicina. Nel tentativo forse di salvarsi, Cleopatra fa diffondere in città la notizia della sua morte: sfortunatamente la notizia raggiunge Antonio che, ormai sconfitto e senza speranze, si uccide.
Trovando l’amante morto, anche Cleopatra sceglie la morte: con il morso di un aspide, secondo la tradizione. Con loro si chiude anche l’era repubblicana di Roma, 3 anni dopo Ottaviano riceverà il titolo di Augusto e cambierà la storia.
Amore e Psiche
L’amore è un percorso a ostacoli che va conquistato con pazienza determinazione. Potrebbe essere la morale veicolata dalla storia di Amore e Psiche, raccontata dal poeta latino Apuleio nelle sue Metamorfosi. Il dio Amore si innamora perdutamente della mortale Psiche, che ricambia pur non conoscendo l’identità dell’amato: i loro incontri avvengono di notte, il Dio non vuole svelarsi.
Ma mossa dalla curiosità e dal cattivo consiglio delle sorelle invidiose, Psiche decide di scoprire chi è l’uomo che le dorme al fianco: si avvicina a lui con una lampada, temendo di trovarsi di fronte un essere orribile e bestiale, e invece si accorge con stupore che ad amarla è il bellissimo Eros. Ma ormai è tardi, perché Amore, sentendosi tradito dalla donna, fugge via.
Per riconquistarlo, Psiche dovrà sottoporsi a una serie di laboriose sfide decise da Venere, madre del dio. La storia, per una volta, è a lieto fine: Psiche supera le prove e sposa Amore. Dalla loro unione nascerà una figlia, chiamata "Voluttà"
Per San Valentino, aneddoti e curiosità sulla festa degli innamorati.
A presto L.M.
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liliana |
Oggetto: A Maronna t’accumpagna 29 Dic, 2020 - 10:40
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Ancora un racconto nell'attesa di festeggiare il nuovo anno
Dal web

Le credenze maligne, le forze soprannaturali che minacciavano e tormentavano gli esseri umani, erano presenti in tutte le società, da quelle primitive al mondo antico, e continuarono a fiorire nei secoli successivi nell'Europa medievale, mescolandosi al cristianesimo.
Oltre il Diavolo e Satana, con i suoi eserciti di demoni subordinati, nella credenza popolare si accodarono ulteriori entità dannose e minacciose: dei, spiriti maligni, fantasmi, streghe, poteri del mondo sotterraneo, esseri che vagavano di notte, entità malvagie che si muovevano tra leggenda e folklore.
Esse giunsero fino a noi, facendo facile presa su popolazioni particolarmente superstiziose, come quelle partenopee, il cui rapporto con la morte, costituiva un legame misto tra paganesimo e cristianesimo.
Per lunghi secoli, il popolo napoletano, mantenne inalterato il culto dei “Lari” (divinità greche rappresentanti le anime degli antenati) con statuette di terracotta, legno o cera, collocate in ogni casa, nelle “lararie”(custodie).
Con l'avvento del Cristianesimo, la Chiesa intraprese una battaglia durata vari secoli vinta poi, nell'alto Medioevo, dove fu sancito il culto pagano.
Ma il popolo napoletano rimase idealmente legato ad un passato pagano lasciando inalterati, i consolidati residui di religiosità, sia quelli relativi ai rituali che alle offerte votive: gli Ex voto suscepto, per promessa fatta, una formula di rito di ringraziamento fatta ad un Santo per una grazia ricevuta, sia quelli di collocare all'ingresso delle case, templi in miniatura dedicati alle divinità protettrici delle famiglie.
L'intento rimase il medesimo: o le divinità o le immagini sacre, sistemate in tabernacoli scavati nelle mura di ogni casa, le aedicole, erano solo una dimostrazione della loro fede autentica, subordinata alla necessità di protezione di ogni male fisico o morale.
Furono erette tantissime edicole in tutti gli spazi della città, nei vicoli, ma anche in campagna. Le Corporazioni di arte e mestieri, (coronnari, macellai, ortolani, sediari ecc) contribuirono economicamente alle costruzioni, mentre alle donne del vicolo “le madonnare” venne affidato il compito di curare la cappella, adornandola con qualche fiore e accendere ogni giorno un lumino ad olio.
All'epoca, all'imbrunire, le strade di Napoli erano totalmente buie e la situazione era divenuta pericolosa, sopratutto per l' imperversare di banditi e di ladruncoli, che,grazie al buio delle strade, approfittavano per mettere a segno i loro piani criminosi. ll Segretario di Stato, il marchese Domenico Caracciolo, fece installare una cinquantina di lampade ad olio, nei pressi di Palazzo Reale e delle tre principali contrade: Chiaia, Toledo e Forcella.
Ma puntualmente il prezioso olio delle lampade, veniva sottratto dai poveri per ristrettezze economiche e dai banditi per compiere rapine. Tanti furono i tentativi di illuminare la città , ma tutti risultarono vani.
Il monarca Ferdinando IV si rivolse ad un domenicano, padre Rocco, molto amato e temuto dai lazzaroni, una delle figure più importanti del 700 religioso napoletano, che mise in atto un piano, facendo leva, sopratutto, sul sentimento religioso di tutto il popolo. Consegnò a cinque e sei case di fedeli devoti, copie di un dipinto di una Madonna, con l'invito di appenderlo fuori casa ed accendervi, per devozione, un lume ogni sera.
Il frate sapeva bene che i banditi ed i ladri erano molto devoti e non avrebbero mai osato rubare l'olio delle lampade alle immagini sacre.
Fu così che le strade di Napoli ebbero le prime luci notturne, divennero più sicure e le edicole votive si estesero per il tutto il territorio.
Questa forma di religiosità fu definita “popolare”, dal suo svolgersi al di fuori dei circuiti ufficiali, una devozione sincera, spontanea, autentica e, nella maggior parte dei casi, in sintonia con le proposte della Chiesa, una pietà popolare che ha miscelato pratiche superstiziose con elementi corporali e visibili.
Toccare un’immagine del Crocifisso o della Beata Vergine Addolorata, era un modo per essere coinvolto in un dolore comune; fare un pellegrinaggio a piedi in comunità, affrontando fatica e spese, era anche un segno per manifestare l’interiore desiderio di avvicinarsi al Mistero. Così per i “santini” raffiguranti i protettori che ogni napoletano portava con sé o teneva nella propria casa.
l vincoll che il popolo napoletano ha avuto con la Madonna è ancora molto forte, tanto che viene considerata, tutt'ora “la mamma di tutti”, comparendo nelle più svariate invocazioni di aiuto, di esclamazione, o semplicemente nella più solenne forma di raccomandazione:
A Maronna t’accumpagna
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Ultima modifica di liliana il 16 Gen, 2021 - 17:20, modificato 1 volta in totale |
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liliana |
Oggetto: Capod'anno 27 Dic, 2020 - 17:46
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ANNO NUOVO
Per l'arrivo del nuovo anno, Veronica voleva passare come lei diceva:"Una notte da leoni", che significava "qualcosa di forte e indimenticabile".
Pochi giorni separavano dall'arrivo del nuovo anno,pochi forse, per organizzare e consumare con gli amici di sempre l'avvenimento.
Aveva pensato che a bordo della sua Mercedes da collezione,poteva intraprendere un viaggio in loro compagnia, alla volta di una città mai visitata.
Anche se governata da una logica infantile, il suo punto di equilibrio nell'eccesso, non prometteva un'esagerazione infinita o irresistibilmente esagerata, ma solo una regia in forma di risata, con il piacere di seguire attraverso la concatenazione dell'avvenimento, una logica ricostruibile, l'importante era:" stare insieme"
Una notte da leoni, dava la sensazione di essere arrivata nel bel mezzo di un racconto già avviato, alle prese con pulsioni, ribellioni, eccessi e "complicità regresse", che non lasciavano tornare a casa con occhi pesti e nasi rotti,come da ragazzzini,ma sopratutto senza trasgredire il recupero della ragionevolezza di una età adulta .
"Realizzzare Tutto",scritto in lettere maiuscole, era la celebrazione di un rito con l'auspicio di ritrovarsi nuovamente insieme, per festeggiare un "nuovo anno".
Il grande cambiamento di un Capo d'anno, nelle condizioni eccezionali che si stanno vivendo,lascia sentire comunque il piacere di:"stare insieme".Il Capodanno di Roma nell’era del "Covid-19",rende sempre più attuale la vicinanza ed ogni racconto diventa:
"sentirsi vicini pur essendo lontani".
La meravigliosa città, torna ad essere non solo un paesaggio,ma il grande cambiamento di un "Capo d'anno" nelle condizioni eccezionali che si stanno vivendo,ma che lascia sentire comunque "tutti insieme".
Liliana
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liliana |
Oggetto: Le fiabe sono la luce dei sogni 07 Dic, 2020 - 15:51
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Scrivere e raccontare
Premessa: "Internet, è una rete di telecomunicazioni ad accesso pubblico che connette vari dispositivi o terminali in tutto il mondo. rappresentando dalla sua nascita uno dei maggiori mezzi di comunicazione di massa.
Sulla tastiera del mio "computer"digito la parola racconto:Il risultato lo scelgo da wikipedia:Il racconto è una narrazione in prosa di contenuto fantastico o realistico, di maggiore ampiezza rispetto alla novella e di minore estensione rispetto al romanzo. Chi si esprime nella dimensione del racconto normalmente ne compone una serie, e il suo mondo interiore si estrinseca in una costellazione di racconti: ciascun testo, per quanto in sé concluso, a differenza dei capitoli di un romanzo è portatore di una storia completa e va visto in collegamento unitario con gli altri appartenenti alla stessa raccolta. Se riferito ad una specifica persona, il racconto - di formato più o meno esteso - diventa biografico. Se il racconto è scritto in riferimento a sé stessi, si è davanti ad un racconto autobiografico."
Scrivere, mi viene chiarito non sono solo aspetti che riguardano l'inventiva o i ricordi,ma c'è il ruolo dello "scrittore, ambizione grande per molte persone . L'inventiva è una dote dello scrittore,ma stranamente la posseggono anche i bambini A volte sono affascinata dai loro racconti,sempre misti a cose inimagginabili.
Il contatto con i bambini non mi è mai mancato, con loro mi sono sempre sentita la persona che desideravo essere.I bambini sono trascinatori di entusiasmo,coinvolgono nella loro fantasia.In compagnia dei bambini, si può essere qualsiasi personaggio dalla principessa alla strega, una giovane donna o una vecchia signora, diventare come loro anche bambini o essere ancora in fasce.
Mostrarsi vecchi, suscita tenerezza nei bambini, ma la vecchiaia esiste in loro vompagnia? Qualcuno dice che gli anni non si contano ma si vivono! Ecco che ancora una volta si pensa alla vita, ed ancora in "lei" c'è ogni significato. Quel particolare stato interiore diventa costante, suscitando nel proprio intimo quanto non appare difficile.
Si tratta di quanto viene chiamato "ciclo". I "cicli," esistono nell'intimo di ogni uomo, è per un determinato periodo, includono lo stato di euforia o viceversa.
La "creatività", appartiene alla categoria dei "cicli", si mescola con ogni speciale "vena creativa". Lo scrittore professionista,mescola l'ispirazione con le idee meravigliose, ma,se lascia passare un determinato momento, è possibile che quelle stesse idee non sono più appaganti.Se fosse semplicemente questione di idee,tutto potrebbe essere rinviato ad altro momento, invece non è così, perchè è qualcosa di più di un'idea,essa è la traduzione della creatività, la sua stessa concretezza, che nasce sempre e soltanto dall' ispirazione; quindi è l'ispirazione che va oltre la mente, che avvolge l'individuo, con il proprio sentire.
Da bambini,veniva detto che non conta l'aspetto fisico, ma la vera bellezza è quella dell'animo. Un tema universale, probabilmente uno dei più ricchi di significato, sempre valido, anche nelle fiabe,per ricordarne una in particolare: "La Bella e la Bestia". Sono secoli che la insegnano,insieme ad altri bellissimi racconti, ricchi di sentimento e riflessioni sempre verdi.La lettura delle favole rappresenta un momento altamente significativo nel rapporto tra genitore e bambino ma anche dei nonni,vediamone il valore.
“C’era una volta…” è una frase che evoca ricordi ed emozioni legate all’infanzia, attraverso racconti letti da una voce calda e familiare: racconti che nella mente davano forma a situazioni di vita, personaggi e luoghi fantastici.
Oggi, raccontare fiabe ai nostri bambini potrebbe sembrare “fuori moda”, ma questo metodo antico e sempre efficace, permette di trasmettere morale, valori e soprattutto consente di favorire e stimolare l’immaginazione, motore della creatività.
Le raccolte di fiabe sono nate dalla tradizione orale e, infatti, il miglior modo per trasmetterle a un bambino, è quello di raccontarle mettendo in atto una certa enfasi insieme alla modulazione della voce. Nel corso dei molti decenni trascorsi dalla loro trascrizione e divulgazione, le fiabe sono state analizzate sotto diversi punti di vista. Tramite il racconto è poi possibile aiutare i bambini a trasformare situazioni e immagini fantasiose trasportandole nella realtà o attribuendo loro, un significato nuovo e più comprensibile.
Il valore delle fiabe è, regalare a un bambino, un momento divertente che stimola la curiosità , oltre a conoscere gli stati emotivi dei vari personaggi,come se loro stessi, fornissero in qualche modo, anche “uno specchio” per il riconoscimento e la comprensione dei propri stati d’animo e le conseguenze positive o negative che alcune emozioni comportano.
Tra le diverse funzioni positive delle fiabe si possono includere “buono” e “cattivo”, tra “bene” e “male”, distinzione che consente ai bambini emozioni, sia positive che negative.
Capita spesso,che il genitore si sforzi di trovare la fiaba “giusta” o eviti quella che ritiene “sbagliata,” ma per i “piccoli ascoltatori di fiabe”, un ruolo importante lo svolge chi legge o racconta la stessa fiaba. E' importante che mamme e papà possono dedicare uno spazio alla lettura delle fiabe, in quanto è un’attività che può dirsi come un vero e proprio “dono” per il bambino.
Il tempo che un adulto dedica alla lettura delle fiabe per il proprio figlio è un tempo di condivisione dal grandissimo valore educativo, è un “tempo di qualità” soprattutto se, dopo il racconto, si offrono risposte alle domande dei piccoli ascoltatori sempre intrise di curiosità. Le fiabe solitamente anticipano, in maniera metaforica, le sfide e le opportunità che si incontreranno nel corso della crescita,questo permette al bambino di guardare quanto lo attende, con il coraggio e la speranza che hanno i protagonisti del mondo narrativo.
“Le fiabe sono la luce dei sogni”
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liliana |
Oggetto: Un pò di storia 03 Dic, 2020 - 19:07
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Il 2 novembre 1755 l'imperatrice d'Austria Maria Teresa d'Asburgo dà alla luce il suo quindicesimo figlio: una bella bambina che battezza "Maria Antonia" .Il suo futuro sarà legato alle alternanze del potere politico in Europa: il re di Prussia, nemico degli Asburgo, firma un trattato con l'Inghilterra; in risposta, l'imperatrice Maria Teresa si prepara a stringere un'alleanza con il re di Francia.
Maria Antonia Giuseppa Giovanna d’Asburgo-Lorena nacque di domenica, il giorno dei morti, sotto il segno dello Scorpione. Penultima dei sedici pargoli della grande Maria Teresa d’Austria e di Francesco I di Lorena.
Già in età prescolare poté disporre di un appartamento privato, unico lusso concessole alla corte viennese, dove vigevano il rigore e la morigeratezza dei costumi cari all’imperatrice. Le giornate di quella bambina erano scandite da ordine e disciplina: mangiava sano, giocava il giusto, studiava molto. Alle lezioni di musica e canto, francese e acquerello, alternava le ore consacrate al catechismo e agli esercizi di memoria, soprattutto sulla storia degli Asburgo.
D’indole vivace, Maria Antonia si comportava ancora come un “maschiaccio” e curava poco la sua persona quando nella primavera del 1770, a 15 anni, lasciò l’Austria per andare a nozze con l’introverso Luigi Capeto, erede al trono di Francia. Raccontano le cronache che nonostante fosse una giornata mite, non appena la promessa sposa toccò il suolo della sua nuova patria scoppiò un violento temporale, e un fulmine andò a caderle a una spanna dal piede. Spaventata a morte, la giovane interpretò l’incidente come un cattivo presagio su quella che sarebbe stata la sua sorte nella terra dei Galli. Forse se ne sarà ricordata ventitré anni dopo mentre, vestita di una tunica grezza – ritratta al suo passaggio da un disegno senza retorica di Jacques Louis David -, saliva al patibolo come la detenuta numero duecentottanta.
In oltre quattro lustri passati alla corte di Versailles, la bella figlia degli imperatori d’Austria s’era buttata alle spalle gli insegnamenti ricevuti, improntati alla sobrietà e alla misura, facendosi via via notare per l’estrema disinvoltura con cui spendeva montagne di denari per lussi e frivolezze. Già dagli inizi, l’eco dei suoi eccessi era arrivata fino a Vienna, provocando la viva preoccupazione dell’illustre madre, costretta a scriverle spesso lettere severe, nel tentativo di indurla a un contegno degno di una donna del suo rango. Né andò meglio con suo fratello Giuseppe quando, in visita a Versailles, le rimproverò le tolette troppo stravaganti, prendendola in giro per l’esuberanza di belletti con cui soleva truccarsi.
Chiamata affettuosamente Marie-Antoinette dai cortigiani, non riscosse altrettanto successo tra i sudditi, per i quali era la Vipera, la Sanguisuga, Messalina o semplicemente l’Austriaca. Per difenderla dalle accuse d’essere una sciocca parassita, i suoi sostenitori tiravano fuori la storia del suo ben triste matrimonio che, per anni, non venne consumato a causa di una malformazione di Luigi. Per consolarsi, dunque, d’aver sposato un uomo introverso e taciturno, la Straniera si distrasse con feste e sfarzi: Rose Bertin, la modista di grido che i più maligni avevano soprannominato la Ministra della Moda, creava apposta per lei abiti così sontuosi da far tremare il bilancio del Regno. Le sue gonne, piccoli trionfi di seta, damaschi e altri tessuti preziosi, potevano anche raggiungere i sei metri di circonferenza, mentre le acconciature ideate da Léonard, suo coiffeur personale, sembravano vere e proprie torri sulle quali s’accalcavano piumaggi esotici, fiori e frutti finti, gabbiette con uccellini di gesso, imbarcazioni in miniatura. Eppure, grazie a quelle sue stravaganti tolette, dettò a lungo la moda nelle corti di tutta Europa.
Intelligente e infantile, Marie-Antoinette non cambiò atteggiamento nemmeno quando il vaiolo si portò via il re, Luigi XV, e, da un giorno all’altro, lei e suo marito diventarono i sovrani di Francia. Né mitigò i suoi eccessi dopo aver messo al mondo due figli. Sì, perché dopo otto anni di nozze “in bianco”, Luigi s’era deciso a sottoporsi a un delicato intervento chirurgico in grado di sbloccare la situazione in camera da letto.
Malgrado, comunque, i coniugi Capeto si fossero ormai riavvicinati, Marie-Antoinette continuò a collezionare amanti, tra i quali l’affascinante conte svedese Alex von Fersen, che le fu devoto fino all’ultimo dei suoi giorni.
Tra scandali, pettegolezzi e trasgressioni, l’intemperante regina aveva trovato il modo di rendere divertente la sua vita a Versailles. Colta, intraprendente, riusciva ad avere sempre l’ultima parola nelle discussioni con il ministro delle finanze di turno, quando le veniva proposto di dare un taglio alle spese, per salvare il Paese dal tracollo.
Legata da profonda amicizia alla principessa Madame de Lamballe, la incaricò di sovraintendere al suo palazzo, ma in seguito – per divergenze caratteriali – la destituì per favorire l’ascesa a corte di Madame de Polignac, tanto carismatica quanto arrivista. Sua fedele consigliera, nonché impeccabile première femme de chambre, fu invece Henriette Campan, che assieme a Madame de Lamballe le restò vicina anche quando, qualche anno più tardi, la fortuna le voltò le spalle.
Per sottrarsi ai tediosi obblighi di corte, Marie-Antoinette si fece costruire un intero villaggio in miniatura, ricreando nei minimi dettagli l’utopia arcadica della vita di campagna, divertendosi a giocare alla pastorella, senza preoccuparsi del fatto che, per pagare certi costosissimi capricci, i suoi sudditi rimanessero schiacciati dalle tasse. Sempre più soggetta alle feroci critiche dei suoi detrattori, s’illuse a lungo di restarne indenne, e non si accorse in tempo che la festa stava per finire.
Nell’estate del 1789, in una Francia avvilita da una grave crisi economica, il popolo insorse contro la monarchia, assaltò le prigioni della Bastiglia, chiese una nuova Costituzione. Il segnale era forte, ma non abbastanza da convincere i coniugi Capeto a fare le concessioni richieste. Nella speranza di ricevere gli aiuti militari da parte dei Paesi amici, presero tempo, limitandosi a vaghe promesse che non avevano alcuna intenzione di mantenere. Pochi mesi dopo, Parigi si ribellò di nuovo. Stavolta, furono centinaia di popolane armate di rabbia e bastoni a marciare fino a Versailles, riuscendo a cacciare i sovrani dal loro guscio dorato. Marie-Antoinette e suo marito, sistemati in un vecchio palazzo delle Tuileries, dovettero rinunciare ai privilegi e agli sfarzi. Risale a quel periodo il loro avvicinamento a Mirabeau, aristocratico favorevole al nuovo corso rivoluzionario: in cambio della sua mediazione a favore della monarchia in seno all’Assemblea Nazionale, si fecero carico dei suoi ingenti debiti. Tuttavia, a causa dell’irresolutezza del re e dell’ostinazione di Marie-Antoinette, Mirabeau fallì, ma restò un sincero ammiratore della regina, colpito dalla sua determinazione nel respingere qualsiasi compromesso con le idee liberali, a strenua difesa del diritto divino dei re: «Luigi XVI ha un solo uomo con sé: sua moglie!» scrisse in suo onore.
Ma i mesi correvano e il sostegno militare da parte delle potenze straniere tardava, sicché la coppia reale decise di mettersi in fuga verso l’Austria, sotto mentite spoglie. Fu però riconosciuta e arrestata a Varenne con l’accusa di tradimento della Patria. Durante quel maldestro tentativo di lasciare la Francia, Marie-Antoinette entrò in confidenza con Antoine Barnave, un politico moderato incaricato dall’Assemblea Nazionale di riportare i sovrani a Parigi. Al pari di Maribeau, anche Barnave tentò, senza successo, una mediazione a favore della monarchia, ma quando la sua corrispondenza con la regina venne alla luce, fu denunciato come disertore della causa del popolo.
A seguito, infatti, della scoperta dell’”armadio di ferro”, dove i reali nascondevano scottanti documenti che ne provavano la complicità con i controrivoluzionari e con le nazioni nemiche, Luigi XVI fu processato e ghigliottinato per primo, in pieno inverno. Poi fu la volta di sua moglie, decapitata nove mesi dopo; la stessa sorte toccò a Barnave.
Sebbene stremata dalle privazioni durante la permanenza nelle famigerate prigioni della Conciergerie, Marie-Antoinette non rinnegò mai niente della sua condotta, sinceramente convinta di aver agito sempre per il bene del popolo nei suoi vent’anni di governo: “Je suis calme comme on l’est quand la conscience ne reproche rien” scrisse in prossimità del supplizio.
Intanto, alla vigilia della sua morte, la baronessa e intellettuale Madame de Staël diede alle stampe – in anonimato – le “Réflexions sur le procès de la Reine”, una fervente arringa in suo favore indirizzata alle donne di ”tutti i paesi, di tutte le classi sociali”.
Era una Marie-Antoinette intristita e malconcia quella che il 16 ottobre 1793, tra gli insulti dei cittadini, percorse per l’ultima volta le strade di Parigi per raggiungere Piazza della Rivoluzione. Ben poco restava della donna “meravigliosamente ben fatta” che aveva estasiato Élisabeth Vigée Le Brun, sua pittrice preferita. Ciononostante, la testa la tenne alta fino all’ultimo, con la stessa, altera maestà dei bei tempi.
Qualche minuto dopo mezzogiorno, era già tutto finito e la carcassa reale fu trasportata al cimitero de La Madeleine, dove venne seppellita nella fossa comune, sotto uno strato di calce viva.
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liliana |
Oggetto: Una storia moderna che somiglia a una antica 29 Nov, 2020 - 15:54
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Una storia moderna che somiglia ad una antica
Nove giorni insieme al piccolo Luigi e poi la decisione di abbandonarlo nella «ruota» della chiesa di San Giovanni Battista, nel rione di Poggiofranco a Bari. Nove giorni per immaginare un futuro di una famiglia suggellata da quel bambino. Nove giorni per prendere la decisione più dura, abbandonarlo in modo da assicurargli un futuro migliore.
«Lui è Luigi. Piccolo, mamma e papà ti ameranno per sempre», l'amore vergato in poche parole, su un bigliettino messo nella culla termica installata da don Antonio Ruccia, in collaborazione con il reparto di Terapia intensiva neonatale del Policlinico, circa cinque anni fa proprio per accogliere quei piccoli, che per qualsiasi motivo, i genitori naturali decidono di non tenere dopo che venne ritrovata una bimba su una spiaggia di Monopoli, senza vita. Luigi è salvo, ma non è un lieto fine, e non lo sarà nemmeno se il piccolo riuscirà a trovare il suo posto in un' altra famiglia.
Non sappiamo esattamente cosa ha spinto una madre e un padre a un gesto così estremo, ma certamente vi è solo una possibilità:disperazione. E non solo quella che affonda in una situazione reale, di povertà, mancanza di una casa, di un lavoro, di una prospettiva di sopravvivenza dignitosa, ma anche quella dettata dalla consapevolezza di vivere in un Paese in cui ottenere un appoggio dallo Stato è una possibilità remota o comunque residuale. Perché lo vediamo tutti i giorni con i tanti casi di famiglie in difficoltà che come «aiuto» ottengono spesso solo l'allontanamento dei figli, collocati in case famiglia o comunità. E allora possiamo cercare di immedesimarci nella solitudine di quei genitori e nella loro decisione di offrire da subito a Luigi la possibilità di una vita migliore, anche a costo del sacrificio più terribile.
E il balsamo alla loro ferita sarà il pensiero di avergli regalato un futuro. «Quando il mio cellulare, collegato alla culla termica, ha cominciato a squillare ho iniziato a tremare», ha raccontato don Antonio. «Mi sono catapultato nell'area dove è installata la culla e ho visto questa creatura meravigliosa che strillava, piangeva ma allo stesso tempo mi è sembrato fosse curato e che stesse bene». Il bimbo, potrebbe essere di una coppia italiana, dicono gli investigatori che li stanno cercando mentre è già partita la corsa ad adottare il piccolo.
E speriamo che se non riesca a tornare nella sua famiglia naturale sia presto affidato alla sua nuova famiglia, per avere la serenità che merita. Nove giorni sono troppi per non avere braccia amorevoli che ti stringano. (La Stampa)
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liliana |
Oggetto: un personaggio delle avole mai dimenticato 24 Nov, 2020 - 15:41
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Google ha dedicato a Pinocchio il suo Logotipo nel mese di Luglio per festeggiare l’anniversario della pubblicazione delle avventure del burattino di legno più famoso che esista.
Infatti proprio il 7 luglio del 1881 le avventure di Pinocchio venivano pubblicate su “Il giornale per bambini”, con alcune variazioni per rendere il racconto a lieto fine come tutti oggi noi lo conosciamo, proprio vista la giovane età dei suoi lettori.
Inizialmente non era nelle intenzioni di Collodi scrivere un racconto per l’infanzia, infatti nella prima versione del racconto di Pinocchio, a causa dei suoi interminabili errori, moriva.
Mentre nelle versioni successive del racconto ”Le avventure di Pinocchio”, pubblicate su un quotidiano in una serie di puntate, la storia venne modificata, con un lieto fine, che vide il burattino di legno assumere le fattezze di un bambino reale. |
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liliana |
Oggetto: 12 Nov, 2020 - 10:02
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Nel mondo dei sogni e dei ricordi
La Domenica,giorno di riposo settimanale, quasi si dovesse rispettare un rituale,papà e mamma mi cnducevano a fare una passeggiata,in una delle grandi piazza della mia Cittò.
In quel luogo, rivedevo con piacere anche altri ragazzini, che avevo già visti la Domenica precedente con i loro genitori.
Senza indugio si iniziava a giocare, come se i giochi non fossero mai stati interrotti anzi con piacere se ne iniziavano anche altri nuovi.
In quella piazza ricca di colombi, ne avevo notato uno in particolare che dimostrava gradire il suono della mia voce, rivolgendogli la parola,Naturalmente tutto questo, era soltanto una mia convinzione,ma ero realmente dispiaciuta, di stare una settimana senza rivedere "Durus"il nome che gli avevo dato.
Una Domenica,rientrando in casa, nello svuotare il borsello che la mamma mi aveva regalato per riporre quanto adoperavo per i miei giochi,con enorme sorpresa saltò fuori il "colombo Dorus",
La mia felicità diventò indicibile,anche perchè mia madre, aveva consentito di farlo rimanere nella nostra casa.
Per Dorus non ci fù subito una gabbia ad ospitarlo, ma un grosso scatolo di cartone, dove la mamma aveva fatto dei fori,simulando delle finestrelle, tutto in attesa di una idonea e migliore sistemazione
Dorus appariva ai miei occhi estremamente contento, ed insieme dividevamo la felicità della nostra vicinannza.
Avevo preso l'abitudine di raccontare a Dorus delle favole, lo facevo sopratutto per me stessa,ma l'inventiva con l'arrivo di Dorus,pareva raddoppiata.ed ogni storia all’apparenza impossibile,appariva affascinante come quelle che si vedono al cinema.
La "fiaba classica", è stata originariamente una narrazione trasmessa in forma orale, rivolta agli adulti, sebbene l’uditorio, colto o popolare che fosse, era composto anche da bambini e da ragazzi.
Da quando "Dorus"era entrato in casa,la fiaba era diventata un trionfo della "Dea Ragione"con gli opportuni “adattamenti.
Nel mondo fiabesco accadono avvenimenti straordinari, inseriti però in realtà consuete e conosciute,dove gli interpreti sono animali ed oggetti, che prendono vita e parlano, oppure uomini che comprendono la lingua degli animali, e così via, ma straordinari sono anche molti personaggi,
Quando si è felici anche le favole sembrano vere
Una notte sognai che Dorus, si era materializzato ed era diventato. il Principe che avevo sempre visto in lui.Mi guardava con insistenza,forse per vedere la mia reazione.
Non sempre è la bellezza a far scoccare la scintilla dell’attrazione verso l’altra persona, perchè in un aspetto fisico anche brutto, può esserci un animo meraviglioso che lascia innamorare.
Quel fascino Dorus lo emanava da sempre, con estrema grazia chiesi se avesse avuto bisogno di qualcosa. Accipicchia! Proprio in quel momento apparve la mamma, che quasi sbuffando mi stava porgendo il vassoio della colazione dicendomi:
"ma svegliati ! Stamani non hai intenzione di andare a scuola?"
Liliana
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liliana |
Oggetto: Natale 07 Nov, 2020 - 13:40
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Natale
Natale si avvicina,i bambini lo attendono con entusiasmo e non solo loro. I preparativi sono tanti, ma il Natale quest' anno, non appare più come momento da vivere insieme serenamente,la causa? :
Il "Coronna Virus"Il covid bastona le feste: Sant'Agata cancella il "Paese del Natale" e annulla l'ultima domenica del tartufo. Il virus, costringe ad annullare ogni appuntamento, in ispecialmodo per gli appassionati di mercatini natalizi, che richiamano migliaia di visitatori. Nelle ampie esposizione venivano proposte idee regalo, oggetti di artigianato artistico e decori di gusto raffinato, il tutto avvolto in un’atmosfera ricca di fascino e di antiche tradizioni.
Il corona virus,lascia evitare anche l'abbraccio .Tutti però si abbracceranno lo stesso, le precauzioni non mancheranno. L'abbraccio,non serve per superare egoismi o individualismi, ma basta un attimo per esprimere le proprie emozioni i propri sentimenti. In ogni abbraccio,c'è una sfumatura leggera e diversa, rispetto alle altre manifestazioni d'affetto, perchè di volta in volta è dotato di una particolare condivisione come: la speranza la gioia, il divertimento a volte anche la delusione .
Ogni adulto è stato un bambino,con questo non si dice nulla di nuovo,ma per molti le festività Natalizie, erano allietate dalla presenza dei "nonni". Forse non tutti hanno avuto la fortuna di conoscerl, godere della loro dolce presenza o dei loro racconti, ma il loro ricordo, viene sempre tramandato.
Il Natale è l'occasione per ripensare al proprio comportamento, alle relazioni con gli altri e con la propria famiglia non per colpevolizzare o colpevolizzarsi, ma per per imparare a migliorare se stessi.I nonni,permettono ai bambini di pensare al Natale come favola ma anche come momento da vivere insieme a famigliari, amici e tutti i parenti, per superare gli egoismi e gli individualismi,ma anche per esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti. I nonni rappresentano la nota dolce, tenera,romantica e poetica nella crescita dei nipoti, fino a farli diventare sereni adulti. Sono figure fondamentali: comunicano affetto, comprendono le necessità, trasmettono emozioni ed esperienza.
Ogni situazione familiare ha una sua peculiarità e molto dipende dal tempo trascorso dai nonni in compagnia dei nipoti e dall’impegno che i genitori chiedono ai nonni nella gestione della quotidianità, tuttavia, ci sono dei principi base che bisognerebbe provare a rispettare.
L.M.
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liliana |
Oggetto: Auguri a tutti 01 Nov, 2020 - 10:10
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DAL WEB
l 1° novembre è il giorno di tutti i Santi, noto popolarmente come Ognissanti. È una festa cristiana che celebra la gloria e l'onore di tutti i santi, compresi quelli non canonizzati. Le sue origini, però, si perdono tra sacro e profano.
Storia
Le commemorazioni dei martiri, comuni a diverse Chiese, cominciarono ad essere celebrate nel IV secolo. La ricorrenza della Chiesa occidentale potrebbe derivare dalla festa romana che celebra l'anniversario della trasformazione del Pantheon in chiesa dedicata alla Vergine e a tutti i martiri, avvenuta il 13 maggio del 609 o 610. In seguito, Papa Gregorio III (731-741) scelse il 1º novembre come data dell'anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie "dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori". Arrivati ai tempi di Carlo Magno, la festa era diffusamente celebrata in novembre. Il 1º novembre venne decretato festa di precetto da parte del re franco Luigi il Pio, nell'835.
Tradizioni di tutto il mondo
In diversi Paesi, inclusa l’Italia, il giorno di Ognissanti è un giorno festivo, mentre non lo è il giorno della Commemorazione dei defunti (2 novembre). Di conseguenza, molte persone visitano il cimitero nel giorno di Ognissanti. In Austria e Baviera è consuetudine il 1° novembre che i padrini diano ai loro figlioli una pasta lievitata intrecciata (Allerheiligenstriezel). In Portogallo, nel Dia de Todos los Santos, i bambini vanno di porta in porta e ricevono torte, noci, melograni, dolci e caramelle. Il giorno di Ognissanti in Messico coincide con il primo giorno della celebrazione del Giorno dei Morti (Día de Muertos). In Guatemala, nel giorno di Ognissanti si prepara un pasto speciale chiamato "fiambre", fatto di salumi e verdure, da lasciare sulle tombe dei propri cari; è anche consuetudine far volare degli aquiloni come simbolo di unione tra i morti e i vivi.
Ognissanti e Halloween
Negli Stati Uniti e in Canada, la festività di Halloween viene celebrata in occasione del giorno di Ognissanti, sebbene le celebrazioni siano generalmente limitate al 31 ottobre. Nel corso del XX secolo l'osservanza è diventata in gran parte secolare, sebbene alcuni gruppi cristiani abbiano continuato ad abbracciare le origini cristiane della festa. Nella notte di Halloween, i bambini si vestono in costume e vanno di porta in porta a chiedere caramelle ("dolcetto o scherzetto") mentre gli adulti possono organizzare feste in costume.
Il Samhain irlandese
Il Samhain è un'antica festa celtico-pagana, celebrata tra il 31 ottobre e il 1º novembre, e conosciuta spesso anche come Capodanno celtico. Risalente al VI secolo a.C. o addirittura prima, il suo nome deriverebbe dall'irlandese antico e si suppone significhi "fine dell'estate", mentre in gaelico (irlandese moderno) significa "novembre". Le celebrazioni di Samhain, sia quelle religiose che folcloristiche, hanno origine da un'antica festività del paganesimo celtico, che si suppone abbia influenzato anche la festa popolare di Halloween e la festività cristiana di Tutti i Santi.
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liliana |
Oggetto: Avventure di ragazzi cun coraggio da grandi 31 Ott, 2020 - 10:38
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Avventure di ragazzi con coraggio da grandi
Roberto ed un gruppo di suoi cari amici, avevano deciso di visitare una casa che vedevano sulla collina ed appariva abbandonata. Arrivati sul luogo, si accorsero che la strada che conduceva all'abitazione, non era accessibile, per le fitte erbacce che la coprivano e la circondavano.
Nella sua direzione,un costante vento, agitava i rami degli alberi circostanti, dove anche qualche gufo aveva trovato posto, senza cessare di ripetere il suo verso.
Da qualche casa lontana, si intravedeva qualche luce e, mano a mano che calava la sera qualcuno diceva di udire delle voci e anche dei lamenti. Si cominciava a credere, che la casa fosse abitata dai fantasmi. Nessuno osava avvicinarsi più da vicino ad essa, tranne un esiguo numero di ragazzi, che voleva dimostrare il proprio coraggio.
Con ritagli di giornali o quaderni già usati,iniziarono a confezionare delle torce, per illuminare la strada.
Fantasmi, vampiri, stregonerie, diavolerie e congegni meccanici, per i ragazzi sono di casa, e ogni volta che questi argomenti si possono combinare, sono accettati sempre volentieri. Bisogna precisare però, che è molto facile lo scambio di sensazioni in certi luoghi e in certi momenti. Per un motivo o per un altro, prima o poi, può capitare a tutti di essere presi in giro, ma è possibile rimediare, controllando le proprie reazionni.
Storie antiche e medievali, curiosità e racconti, alcuni troppo unici, per poterli associare con altri aspetti, tra i più classici del genere ad esempo: "Ghost Story"o forse Al fabbricante di spettri,che sono la conclusione a questo racconto.
Come ogni favola inizia con:"C'era una volta", questa volta, le stesse parole, segnano la conclusione della storia,perchè i fantasmi sono quelli che bisogna salutare a malincuore,
Se essi rimangono, possono solamente divertire o stupire.
LM
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liliana |
Oggetto: Un viaggio nell'arte ma con tanta passione 29 Ott, 2020 - 06:55
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![ANNULLATO] Storia dell'arte che passione! - Ciclo di incontri](https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcRtFcfzuIRr-veRKOTFE009hinO2Mlf_s79Kw&usqp=CAU)
Un viaggio nell'arte ma con tanta.... passione
L’arte e i suoi effetti, sono strettamente legata alle emozioni. Due grandi filosofi, Alain de Botton e John Armstrong, credono fermamente che l’arte abbia un impatto sull' intimità e sulla quotidianeità, perchè aiuta a pensare fuori dagli schemi o semplicemente alleviando tutti quei problemi legati allo stress della vita quotidiana.
In una discussione sull’arte, i relativi benefici ci sono in ogni forma, in ogni tratto e ogni colore,sono recettori luminosi, che trasmettono al cervello un messaggio, con un effetto sempre diverso sulle sensazioni. .
L' emozioni che suscitano le visite ai musei,non sono mai uguali, l'ultimo visitato,lasciava salire in cima ad una ripida scala ,dove era facile giungere ad un pianerottolo, abbellito da una grande opera pittorica: "Madonna della buonanotte del 1512."
Il nome è stato dato dall'abitudine dei monaci che, risalendo la scalinata del dormitorio, salutavano la Madonna con l'ultimo Ave Maria della giornata. Lei sorridente li accompagnava al riposo, con il Bambinello e due Angeli.
Per completare questa immaginaria visita,nel mondo dell'arte,un nome di una grande artista: " Sepideh Sarlak ".
L’artista di origine iraniana prende il diploma in grafica presso il liceo artistico Honarhaie Tajasomi di Tehran in Iran, poi viene in Italia per studiare arte, conseguendo con lode la laurea in pittura presso l’Accademia di belle arti di Firenze.
La giovane artista, inaugura la sua prima personale a Milano, riempiendo con i suoi grandi quadri, splendidi spazi.
Enormi tele, svelano con forme venose e ramificazioni naturali, il sistema cardiocircolatorio delle nostre emozioni, sia quelle d’amore, ma anche quelle dolorose.
Il simbolo del cuore nella sua arte ricorre da anni, in tutte le sue esposizioni,assume forme diverse o si nasconde perfino in molte tele,dove irradia sempre la sua energia sommersa, verso reticolati di vene e raggi, che irrorano spazi circostanti.
La sua arte è toccante perché fisiologica, anatomica, naturale.
Un vissuto potente solca le superfici trattate materialmente, perfino tagliate e ricucite come in un’operazione chirurgica o come in una tessitura persiana.
Non c’è vita chiassosa e sgargiante in questi disegni, ma emozione pulsante e sotterranea. Forse è il segreto messaggio della vita come la legge Sepideh Sarlak: non sbocciare fragorosamente ma sopravvivere con tonalità venose, reagendo al dolore con resilienza, con resistenza,come fa un cuore, nascosto nel nostro corpo, alternando colpi rossi e lividi, imperterrito, forte ma silenzioso.
Le parole chiave che l’artista ha usato negli anni, per descrivere la sua arte, sono:
Persia Amore Fantasia
L.M.
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LE RELAZIONI AL TEMPO DEL COVID

"Avremmo bisogno di abbracci. Più del solito. E, invece, ci troviamo a fare i conti con la paura di un abbraccio. È un mondo che all'improvviso ci sembra sconosciuto quello in cui stiamo camminando tenendoci a distanza, con la mascherina sulle labbra, rinunciando a una stretta di mano, a un bacio, attenti a non contaminarci. Il virus, il nemico invisibile, ha cambiato molte cose nelle nostre vite" ... e molte ne cambierà, nei rapporti fra le persone, nelle diverse priorità, nei tempi e nei modi di essere e di relazionarsi, perderemo occasioni e opportunità che probabilmente non torneranno più …. è già accaduto, ci sono state altre pandemie, ci sono state le guerre, e le persone hanno dovuto riorganizzare le loro vite, quando hanno avuto la possibilità d sopravvivere, e perdere occasioni, certezze, beni e persone, cambiare punti di vista e priorità, creando nuove alternative di crescita e sopravvivenza. Non sempre è andata male, spesso anche da tragedie che sembrano insormontabili nascono nuove possibilità impreviste e imprevedibili, che magari migliorano la vita.
Certo, è abbastanza facile, anche se la “strizza” è tanta, rimanere in casa con le nostre comodità e le nostre sicurezze, con accanto magari gli affetti importanti della nostra vita …. io però penso a tutti quelli che in questo momento non hanno relazioni stabili, a quelli adulti soli che cercano di “acchiappare” qualcosa durante un aperitivo, una serata al pub o in un locale da ballo…. Serate vuote, occasioni mancate, relazioni che non nasceranno, amicizie che rimarranno prive dei contatti “fisici” che alimentano l’intimità, l’empatia … o anche il litigio o l’allontanamento, ma che servono comunque a mantenersi “vivi”...
E poi penso a tutti quei ragazzi alle prese con i primi amori, i primi incontri, i primi appuntamenti…. Il momento che cerchi fra gli altri il ragazzo che ti piace all’uscita di scuola; quando sai che sarà in un certo posto nel pomeriggio o alla sera, e farai di tutto per incontrarlo “casualmente”; i primi baci e i primi approcci durante i compiti in biblioteca o a casa di un’amica, i “passaggi” in motorino con qualche scusa, la passeggiate in periferia tenendosi per mano …. E gli “amori” già avviati, quelli che “ci vediamo al solito posto”, “ci vediamo da me (o da te)”, e i baci, e gli abbracci, e le mani che si cercano e cercano, in un’intimità sempre nuova e sempre più audace …. come vivranno questi ragazzi questi momenti di “distanziamento” forzato? Le rinunce, le mancanze, le voglie che, specialmente a quella età, sono veramente dure e difficili da gestire ed accettare? Con quale angoscia penseranno che tutto questo è troppo per loro?
Ci sono i “contatti virtuali”, è vero, che ci permettono di rimanere comunque in contatto anche visivo con le persone, ma niente a che vedere con la realtà….
Certo, i problemi sono molto maggiori di questi e le difficoltà sia sul piano sanitario che economico e sociale si faranno sentire per moltissimo tempo, non ci sono dubbi, e preoccuparsi di queste “piccolezze” non è certo prioritario, ma io ritengo che le relazioni siano la parte più importante del tessuto sociale, quelle che condizionano nel bene e nel male le nostre vite, quelle che ci fanno essere quelli che siamo e quelli che saremo, e in questo stravolgimento che stiamo vivendo avranno sicuramente la loro influenza.
Un giorno tutto questo finirà, questo è certo, e quelli che vedranno la fine vedranno probabilmente anche un mondo nuovo ... ma certo niente sarà più come prima, nessuno sarà più come prima ...
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_________________ Preferisco le eccezioni - Wislawa Szymborska |
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liliana |
Oggetto: 24 Ott, 2020 - 12:49
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Scrivere è difficile raccontare è piacevole
Ho immaginato che per scrivere un racconto, bastava entrare in un grande magazzino è dire alla commessa:"Mi può servire un racconto da scrivere ?. Il tono melodioso della voce che mi rispondeva chiedeva: conosce la trama? Certo che non la conosco, altrimenti non sarei qui. Ancora una volta sentii la sua voce dire: la trama è la prima cosa da fare, per buttare giù delle idee,nel dare vita ad un racconto che stà per nascere . Importante è anche il protagonista che si vuole creare, ispirandosi a qualcuno che si conosce ed immaginare i lati del carattere da evidenziare. Molto raccomandata è la fine della storia,che lascia capire come orientare l’intera trama.
All'improvviso, c'era una spiegazione per conoscere l'abitudine di tenere sempre un libro sul comodino. I libri hanno un valore immenso,le letture portano verso un’altra dimensione, che lascia superare anche le delusioni. Molte storie, fanno evadere dalla realtà permettendo di diventare quelli che si è o chi si vuole. Forse chi ha scritto un diario, conosce che attraverso questo,possono essere capite o interpretate le proprie emozioni, i propri sogni,i propri dubbi.
I racconti , anche se brevi, hanno un pregio: quello di stimolare la riflessione. Le descrizioni dei posti, dei luoghi, degli scenari, hanno sempre permesso di immaginare tutto con maggiore ‘realtà’. Ogni scelta, anche quelle che non aiutano a focalizzare gli ambienti e gli scenari, spingono a non perdere di vista la conoscenza di sé.
Uno studio condotto di recente presso l’Università di Chicago ha dimostrato che i maggiori problemi di incomunicabilità si osservano proprio tra persone che sono in confidenza tra loro: amici di vecchia data, genitori e figli, colleghi di lavoro o coppie di sposi.
Secondo il professor Boaz Keysar che ha svolto la ricerca, il motivo delle incomprensioni spesso risiede nel fatto che le persone che si conoscono bene, condividono tra loro molti aspetti della vita quotidiana, ma quando devono discutere con l’altro di fatti nuovi, si comportano come se l’interlocutore ne fosse già a conoscenza.
Un aforisma, piacevole è significativo dice:
L'apprezzamento è una cosa meravigliosa; fa si che ciò che è eccellente negli altri appartenga anche a noi “Voltaire"
L.M.
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Ti ignorero' al momento che tu non mi citerai più dicendo falsità sul mio conto e non assumendoti la responsabilità di quello che dici ... |
_________________ Preferisco le eccezioni - Wislawa Szymborska |
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Ora, cara Liliana, io non ho capito perché ti rode tanto quello che scrivo, anche se una vaga idea ce l'ho, ma che tu continui ad accusarmi di cose che non ho detto e non ho scritto sinceramente mi fa girare un po' le scatole. Io sono sempre corretta e non mi attribuisco meriti che non ho. Dunque, riporta qui per intero quello che secondo te avrei copiato dal web (dato che quello che hai riportato non c'entra nulla) e poi eventualmente vediamo chi deve chiedere scusa a chi.
Ci sarebbe anche un'alternativa, ma per ora preferisco evitare... |
_________________ Preferisco le eccezioni - Wislawa Szymborska |
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liliana |
Oggetto: 16 Ott, 2020 - 15:35
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Home / Musica / CHI RICORDA LE FESTE IN CASA?
CHI RICORDA LE FESTE IN CASA?
C’era sempre una festa da ballo organizzata per un compleanno, che si teneva a casa di una compagna di classe. Era la garanzia per fare accorrere altre coetanee, che non sempre erano autorizzate a recarsi in casa di un compagno, se era questo ad organizzare.
L'articolo continua |
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Mi dispiace, Liliana, che tu non abbia fatto queste esperienze, molto innocenti del resto, perché sono ricordi indimenticabili, e penso che tutti concordino con me.
Un'unica precisazione, anzi due: il mio non è un articolo tratto dal web, come dici tu, ma scritto da me (altrimenti avrei specificato la fonte) e la foto che avevo pubblicato e che tu hai riproposto è quella che hanno pubblicato miei amici.

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_________________ Preferisco le eccezioni - Wislawa Szymborska
Ultima modifica di Patrizia51 il 16 Ott, 2020 - 18:36, modificato 1 volta in totale |
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