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Vice, CiaoLilli, grazie, mi mettono un po' in imbarazzo i complimenti, ma mi fa piacere sapere che qualcuno legge e apprezza; cerco di non condividere cose banali, ma soprattutto scrivo quello che io sento più vicino al mio stato d'animo del momento. Non è rimasto quasi più niente del vecchio sito, un tempo così ricco e vivace, nè come contenuti, nè come persone, però vedo dal numero delle visite che c'è ancora qualcuno che per curiosità o per interesse si affaccia a vedere quel che succede.
Di nuovo grazie; come dice Troisi nel film ll Postino, quando risponde a Neruda, "la poesia non è di chi la scrive ma di chi gli serve".... auguro a tutti un po' di serenità in un momento così difficile, e finchè ce lo permetteranno e ne avrò la possibilità continuerò a lasciare qui un piccolo "messaggio", con la speranza di fare cosa gradita.
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_________________ Preferisco le eccezioni - Wislawa Szymborska |
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Sono profonde le poesie che scegli, ne ho letto quattro oggi. Grazie gentile Patrizia, tornerò.
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_________________ Il mondo è un enorme teatro all’aperto dove, sullo sfondo d’una scenografia naturale, si rappresentano commedie, drammi e tragedie. Noi siamo attori e pubblico. L.Batà |
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Non si arriva ad una meta se non per ripartire e là dove siamo ora non è che una tappa del nostro cammino con la certezza che ogni sera è la promessa di un’aurora conta i fiori del tuo giardino mai le foglie che cadono conta le ore della tua giornata dimentica le nuvole conta le stelle delle tue notti non le tue ombre conta i sorrisi della tua vita non le lacrime e ad ogni compleanno conta con gioia la tua età dal numero degli amici non da quello degli anni che piccola cosa è una vita la mia, la tua, come tutte è una goccia e che si perda in un mare d’amore è l’unica via altrimenti è una goccia sprecata troppo piccola per essere felice da sola troppo grande per accontentarsi del “nulla".
Anonimo
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(Immagine: Opera di Takahiro Hara)
Adesso è forse il tempo della cura.
Dell’aver cura di noi, di dire noi. Un molto largo pronome in cui tenere insieme i vivi, tutti: quelli che hanno occhi, quelli che hanno ali, quelli con le radici e con le foglie, quelli dentro i mari, e poi tutta l’acqua, averla cara, e l’aria e più di tutto lei, la feconda, la misteriosa terra. È lì che finiremo. Ci impasteremo insieme a tutti quelli che sono stati prima. Terra saremo. Guarda lì dove dialoga col cielo con che sapienza e cura cresce un bosco. Si può pensare che forse c’è mancanza di cura lì dove viene esclusa l’energia femminile dell’umano. Per quella energia sacrificata, nella donna e nell’uomo, il mondo forse s’è sgraziato, l’animale che siamo s’è tolto un bene grande. Chi siamo noi? Apriamo gli occhi. Ogni millimetro di cosmo pare centro del cosmo, tanto è ben fatto tanto è prodigioso. Chi siamo noi, ti chiedo, umane e umani? Perché pensiamo d’essere meglio di tutti gli altri? Senza api o lombrichi la vita non si tiene ma senza noi, adesso lo sappiamo, tutto procede. Pensa la primavera scorsa, son bastati tre mesi – il cielo, gli animali nelle nostre città, la luce, tutto pareva ridere di noi. Come liberato dall’animale strano che siamo, arrivato da poco, feroce come nessuno. Teniamo prigionieri milioni e milioni di viventi e li maltrattiamo. Poi ce li mangiamo, poveri malati che a volte non sanno stare in piedi tanto li abbiamo tirati su deformi – per un di più di petto, per più latte. Chi siamo noi ti chiedo ancora. Intelligenze, sì, pensiero, quelli con le parole. Ma non vedi come non promettiamo durata? Come da soli ci spingiamo fuori dalla vita. Come logoriamo lo splendore di questo tiepido luogo, infettando tutto e intanto confliggiamo fra di noi. Consideriamo il dolore degli altri e delle altre specie. E la disarmonia che quasi ovunque portiamo. Forse imparare dall’humus l’umiltà. Non è un inchino. È sentirsi terra sulla nobile terra impastati di lei. Di lei devoti ardenti innamorati. Dovremmo innamorarci, credo. Sì. Di ciò che è vivo intorno. E in primo luogo vederlo. Non esser concentrati solo su noi. Il meglio nostro di specie sta davanti, non nel passato. L’età dell’oro è un ricordo che viene dal futuro. Diventeremo cosa? È una grande avventura, di spirito, di carne, di pensiero, un’ascesa ci aspetta. Eravamo pelo musi e code. Diventeremo cosa? Diremo io o noi? E quanto grande il noi quanto popolato? Che delicata mano ci vuole ora, e che passo leggero, e mente acuta, pensiero spalancato al bene. Studiamo. Impariamo dal fiore, dall’albero piantato, da chi vola. Hanno una grazia che noi dimentichiamo. Cura d’ogni cosa, non solo dell’umano. Tutto ci tiene in vita.
Tutto fa di noi quello che siamo.
(Mariangela Gualtieri - "Adesso") |
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La fine e l’inizio
Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine da solo non si fa. C’è chi deve spingere le macerie ai bordi delle strade per far passare i carri pieni di cadaveri. C’è chi deve sprofondare nella melma e nella cenere, tra le molle dei divani letto, le schegge di vetro e gli stracci insanguinati. C’è chi deve trascinare una trave per puntellare il muro, c’è chi deve mettere i vetri alla finestra e montare la porta sui cardini. Non è fotogenico, e ci vogliono anni. Tutte le telecamere sono già partite per un’altra guerra. Bisogna ricostruire i ponti e anche le stazioni. Le maniche saranno a brandelli a forza di rimboccarle. C’è chi, con la scopa in mano, ricorda ancora com’era. C’è chi ascolta annuendo con la testa non mozzata. Ma presto lì si aggireranno altri che troveranno il tutto un po’ noioso. C’è chi talvolta dissotterrerà da sotto un cespuglio argomenti corrosi dalla ruggine e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti. Chi sapeva di che si trattava, deve far posto a quelli che ne sanno poco. E meno di poco. E infine assolutamente nulla. Sull’erba che ha ricoperto le cause e gli effetti, c’è chi deve starsene disteso con una spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.
Wislawa Szymborska
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L’amore mi si offrì – Edgar Lee Masters
L’amore mi si offrì ed io mi ritrassi dal suo inganno, il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura, l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, ovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre alla follia, ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio. E’ una barca che anela al mare eppure lo teme.
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Ultima modifica di Patrizia51 il 17 Apr, 2021 - 23:11, modificato 1 volta in totale |
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Tanti auguri a tutte le donne che passano di qua, e a tutti gli uomni che ne sanno ricooscere l valore
Non necessariamente devi fornire spiegazioni a chi non ha capito. Puoi agire e tacere le tue ragioni. Non necessariamente devi restare nei posti dove i tuoi fiori appassiscono. Non esiste un solo giardino e tu sei fatta per ergerti al sole migliore. Non necessariamente devi accontentarti della compagnia di chiunque. La solitudine non è una punizione se la scegli per la tua pace. Non necessariamente devi raccogliere ogni provocazione. Non tutto merita la tua attenzione e il tuo tempo. Non necessariamente devi mantenere fede a promesse antiche. Le promesse vanno nutrite ogni giorno e l’universo benedice chi riconosce la fine e lascia andare. Non necessariamente devi essere la casa stabile di ogni emozione. Puoi lasciarti attraversare. Non necessariamente devi confermare le aspettative altrui. Puoi restare imprevedibile e libera e grata.
Manuela Toto
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Figurati l’amore
Non ho mai capito dove finisce l’amore che non usi. Quello che ci sarebbe pure, ma tu. Vorrei, da brava massaia, usarne gli avanzi per le polpette, concimarci le piante. Ridistribuirlo ad amanti meno fortunati, di quelli che fanno fatica ad arrivare alla fine del matrimonio. Rimpastarlo, venderlo di seconda mano, placarlo, darlo al gatto, alle galline. A pensare che finisca così in niente, non so, mi mette freddo dentro. – Se non si può buttare il pane,
figurati l’amore.
Anna Stella Poli
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Fermati
Non correre. Fermati. E guarda.
Guarda con un solo colpo dell’occhio la formica vicino alla ruota dell’auto veloce che trascina adagio adagio un chicco di pane e così cura paziente il suo inverno. Guarda. Fermati. Non correre. Tira il freno alza il pedale abbassa la serranda dell’inferno. Guarda nel campo fra il grano lento e bianco il fumo di un camino con la vecchia casa vicina al grande noce. Non correre veloce. Guarda ancora. Almeno per un momento. Guarda il bambino che passa tenendo la madre per mano il colore dei muri delle case le nuvole in un cielo solitario e saggio le ragazze che transitano in un raggio di sole il volto con le vene di mille anni di una donna o di un uomo venuti come Ulisse dal mare. Fermati. Per un momento. Prima di andare. Ascoltiamo le grida d’amore o le grida d’aiuto il tempo trascinato nella polvere del mondo
se ti fermi e ascolti non sarai mai perduto.
Roberto Roversi |
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Non mi stupisco Del paradosso della poesia così come quello di ogni altra cosa tanto invisibile quanto più rilevante. Dell’arroganza diventata più contagiosa della tristezza. Della critica senza consapevolezza, delle vittime che elogiano la propria ignoranza. Di uomini troppo stupidi per notare donne intelligenti e di donne troppo intelligenti per farsi notare. Di chi fa finta di niente facendo finta di fare. Del sottile filo che intercorre tra l’essere fortunato e l’essere fottuto. Dell’umana violenza per gli esseri viventi né del culto dei suoi defunti. Di un dio che uccide due volte tutti i suoi devoti. Di chi paga per essere salvato da un prete, da una prostituta o da un clown. Della volgarità del bene e della mediocrità del male. Dell’odio che unisce molto più di quanto l’amore riesca a fare. Dei rapporti che ciclicamente passano dall’amicizia all’odio per poi conquistare l’indifferenza necessaria a ripartire. Dell’intraprendenza di certi maghi che usano il vostro buco di culo dentato al posto del cilindro. Della pochezza sufficiente a qualunque travestimento. Degli oroscopi che subito dopo i necrologi sono le cose più autorevoli riportate sui quotidiani. Della mancanza di limite che hanno certe facce. Di chi vomita parole a spruzzo e di chi non le smorza spingendole giù fino in fondo, fino a imprimersele dentro. Ché nel giorno di Natale ci si affeziona anche alle proprie inferriate. Ma io non sono io. Non più. Non posso concedermelo. La lucidità e il disincanto ancora non mi appartengono.
Marco Luppi
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Io ne ho memoria. in quei giorni mi avrebbero messo un nero, quello per gli Asociali, che erano i "disabili" o prostitute, i malati o semplici oppositori: i diversi ci chiamavano. Ho memoria del rosso per i comunisti, gli anarchici e gli oppositori politici fossero anche sacerdoti. Del giallo per gli ebrei. Del viola per testimoni di Geova. Ho memoria del marrone degli zingari e del blu per i tedeschi antifascisti. Ho memoria del rosa degli omosessuali. Erano triangoli. Erano i miei fratelli e le mie sorelle. A volte facevano la musica come me. E io sono tutti loro. Sono tutti quei colori. Per questo ho memoria di quei triangoli e continuerò ad averla. Perché sono tutti quei triangoli. Lo siamo tutti. E quindi avrò memoria.
Oggi come ieri, come domani.
Ezio Bosso
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Amanda Gorman, l'attivista che ha letto le sue poesie all'insediamento di Biden, è un'afroamericana di Los Angeles, diventata nel 2017 la più giovane vincitrice del prestigioso National Youth Poet Laureate, un premio dedicato a giovani poeti e poetesse. The Hill We Climb è il titolo della poesia che la Gorman ha portato alla cerimonia d’insediamento di Joe Biden; momento di grande potenza emotiva. The Hill We Climb di Amanda Gorman, 22 anni, poeta.
Quando arriva il giorno, ci chiediamo dove possiamo trovare una luce in quest’ombra senza fine? La perdita che portiamo sulle spalle è un mare che dobbiamo guadare. Noi abbiamo sfidato la pancia della bestia. Noi abbiamo imparato che la quiete non è sempre pace, e le norme e le nozioni di quel che «semplicemente» è non sono sempre giustizia. Eppure, l’alba è nostra, prima ancora che ci sia dato accorgersene. In qualche modo, ce l’abbiamo fatta. In qualche modo, abbiamo resistito e siamo stati testimoni di come questa nazione non sia rotta, ma, semplicemente, incompiuta. Noi, gli eredi di un Paese e di un’epoca in cui una magra ragazza afroamericana, discendente dagli schiavi e cresciuta da una madre single, può sognare di diventare presidente, per sorprendersi poi a recitare all’insediamento di un altro. Certo, siamo lontani dall’essere raffinati, puri, ma ciò non significa che il nostro impegno sia teso a formare un’unione perfetta. Noi ci stiamo sforzando di plasmare un’unione che abbia uno scopo. (Ci stiamo sforzando) di dar vita ad un Paese che sia devoto ad ogni cultura, colore, carattere e condizione sociale. E così alziamo il nostro sguardo non per cercare quel che ci divide, ma per catturare quel che abbiamo davanti. Colmiamo il divario, perché sappiamo che, per poter mettere il nostro futuro al primo posto, dobbiamo prima mettere da parte le nostre differenze. Abbandoniamo le braccia ai fianchi così da poterci sfiorare l’uno con l’altro. Non cerchiamo di ferire il prossimo, ma cerchiamo un’armonia che sia per tutti. Lasciamo che il mondo, se non altri, ci dica che è vero: Che anche nel lutto, possiamo crescere. Che nel dolore, possiamo trovare speranza. Che nella stanchezza, avremo la consapevolezza di averci provato. Che saremo legati per l’eternità, l’uno all’altro, vittoriosi. Non perché ci saremo liberati della sconfitta, ma perché non dovremo più essere testimoni di divisioni. Le Scritture ci dicono di immaginare che ciascuno possa sedere sotto la propria vite e il proprio albero di fico e lì non essere spaventato. Se vorremo essere all’altezza del nostro tempo, non dovremo cercare la vittoria nella lama di un’arma, ma nei ponti che avremo costruito. Questa è la promessa con la quale arrivare in una radura, questa è la collina da scalare, se avremo il coraggio di farlo. Essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo. È il passato in cui entriamo ed è il modo in cui lo ripariamo. Abbiamo visto una forza che avrebbe scorsso il nostro Paese anziché tenerlo insieme. Lo avrebbe distrutto, se avesse rinviato la democrazia. Questo sforzo è quasi riuscito. Ma se può essere periodicamente rinviata, la democrazia non può mai essere permanentemente distrutta. In questa verità, in questa fede, noi crediamo, Finché avremo gli occhi sul futuro, la storia avrà gli occhi su di noi. Questa è l’era della redenzione. Ne abbiamo avuto paura, ne abbiamo temuto l’inizio. Non eravamo pronti ad essere gli eredi di un lascito tanto orribile, Ma, all’interno di questo orrore, abbiamo trovato la forza di scrivere un nuovo capitolo, di offrire speranza e risate a noi stessi. Una volta ci siamo chiesti: “Come possiamo avere la meglio sulla catastrofe?”. Oggi ci chiediamo: “Come può la catastrofe avere la meglio su di noi?”. Non marceremo indietro per ritrovare quel che è stato, ma marceremo verso quello che dovrebbe essere: Un Paese che sia ferito, ma intero, caritatevole, ma coraggioso, fiero e libero. Non saremo capovolti o interrotti da alcuna intimidazione, perché noi sappiamo che la nostra immobilità, la nostra inerzia andrebbero in lascito alla prossima generazione. I nostri errori diventerebbero i loro errori. E una cosa è certa: Se useremo la misericordia insieme al potere, e il potere insieme al diritto, allora l’amore sarà il nostro solo lascito e il cambiamento, un diritto di nascita per i nostri figli. Perciò, fateci vivere in un Paese che sia migliore di quello che abbiamo lasciato. Con ogni respiro di cui il mio petto martellato in bronzo sia capace, trasformeremo questo mondo ferito in un luogo meraviglioso. Risorgeremo dalle colline dorate dell’Ovest. Risorgeremo dal Nord-Est spazzato dal vento, in cui i nostri antenati, per primi, fecero la rivoluzione. Risorgeremo dalle città circondate dai laghi, negli stati del Midwest. Risorgeremo dal Sud baciato dal sole. Ricostruiremo, ci riconcilieremo e ci riprenderemo. In ogni nicchia nota della nostra nazione, in ogni angolo chiamato Paese, La nostra gente, diversa e bella, si farà avanti, malconcia eppure stupenda. Quando il giorno arriverà, faremo un passo fuori dall’ombra, in fiamme e senza paura. Una nuova alba sboccerà, mentre noi la renderemo libera. Perché ci sarà sempre luce, Finché saremo coraggiosi abbastanza da vederla. Finché saremo coraggiosi abbastanza da essere noi stessi luce.
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"Aspetta la tua impronta"
~ Maria Luisa Spaziani
L'indifferenza è inferno senza fiamme. Ricòrdalo scegliendo fra mille tinte il tuo fatale grigio. Se il mondo è senza senso, tua è la vera colpa. Aspetta la tua impronta questa palla di cera. ~ Tratta da "I fasti dell'ortica", Mondadori |
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Che sia buono
Nei gesti Nell’animo Nelle strette di mano E negli abbracci Che sia buono Con le cattiverie E i dolori Con chi non ci vede E chi chiude gli occhi Che sia buono Negli affetti Nel fare Nel sognare nelle notti più dure Nel dare ancora Che sia buono Nelle incomprensioni E nelle comprensioni Nel capire per comprendere Nel chiedere Che sia buono A non dimenticare Per perdonare liberamente E non dimenticare Per non ripetere Che sia buono Nei legami silenziosi Nei riposi e le fatiche A risaltar note nascoste A illuminare sorrisi dimenticati Che sia buono Negli amori da vivere Nel sedare le grida Con I conflitti fuori e dentro Nell’ascoltare Che sia buono Di odori e sapori Con le parole non dette Che resteranno sospese E quelle trovate da scrivere Che sia buono Con le note che non potremo fare E protegga quelle fatte Nei ricordi di un brivido di pelle Che sia buono Nel fare Che poi è sempre questa poesia Che non ci abbandona Composta di ogni giorno Fino all’ultimo sorriso E come in musica Che sia buono ricordandoci Di vivere In ogni giorno il primo giorno E ogni notte l’ultima
Prima del nuovo giorno
(Ogni anno è vivo, Di incontri, di giorni e luci e bui Questo è un augurio per noi Di tenere chi e ciò che ci ha fatto del bene E lasciare ciò e chi ci ha fatto male Comprendendo e perdonando Senza dimenticare. Perché siamo noi
Allo specchio)
Ezio Bosso
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La poesia di Natale di Henry Van Dyke
Siete disposti a dimenticare quel che avete fatto per gli Altri e a ricordare quel che gli altri hanno fatto per Voi? A ignorare quel che il mondo vi deve e a pensare a ciò che voi dovete al mondo? A mettere i vostri diritti in fondo al quadro, i vostri doveri nel mezzo e la possibilità di fare un po’ di più del vostro dovere in primo piano? Ad accorgervi che i vostri simili esistono come voi, e a cercare di guardare dietro i volti per vedere il cuore? A capire che probabilmente la sola ragione della vostra esistenza non è ciò che voi avrete dalla Vita, ma ciò che darete alla Vita? A non lamentarvi per come va l’universo e a cercare intorno a voi un luogo in cui potrete seminare qualche granello di Felicita’? Siete disposti a fare queste cose sia pure per un giorno solo?
Allora per voi Natale durerà per tutto l’anno.
(Henry Van Dyke)
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Wislawa Szymborska
DOMANDE POSTE A ME STESSA
Qual è il contenuto del sorriso
e d’una stretta di mano?
Nel dare il benvenuto non sei mai lontana come a volte è lontano l’uomo dall’uomo quando dà un giudizio ostile a prima vista? Ogni umana sorte apri come un libro cercando emozione non nei suoi caratteri, non nell’edizione? Con certezza tutto, afferri della gente? Risposta evasiva la tua, insincera, uno scherzo da niente – i danni li hai calcolati? Irrealizzate amicizie, mondi ghiacciati. Sai che l’amicizia va concreata come l’amore? C’è chi non ha retto il passo in questa dura fatica. E negli errori degli amici non c’era tua colpa? C’è chi si è lamentato e consigliato. Quante le lacrime versate prima che tu portassi aiuto? Corresponsabile della felicità di millenni – forse ti è sfuggito il singolo minuto la lacrima, la smorfia sul viso? Non scansi mai l’altrui fatica? Il bicchiere era sul tavolo e nessuno lo ha notato, finché non è caduto per un gesto distratto. Ma è tutto così semplice nei rapporti fra la gente?
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Per tutte le violenze consumate su di lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le sue ali che avete tarpato, per tutto questo:
in piedi, signori, davanti ad una Donna!”
WILLIAM SHAKESPEARE
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